Trapani: la mafia dietro lo scempio di Selinunte

Il 21 maggio 2015 la città di Palmira viene invasa dai miliziani dello Stato Islamico. Il 18 agosto muore Khaled Al-Asaad, archeologo e direttore del sito archeologico, ucciso dai terroristi per non aver rivelato l’ubicazione di alcune opere d’arte. A settembre l’ennesimo scempio: vengono fatti saltare in aria i templi di Bel e Baalshamin. La stessa sorte di questi ultimi stava per toccare a degli altri importantissimi reperti archeologici, ma questa volta non in Siria e non per mano dell’Isis.

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Il tutto è accaduto nientepopodimeno che a Castelvetrano (Trapani) nella notte tra il 7 e l’8 agosto, quando un incendio indubbiamente doloso ha messo in grave pericolo i resti archeologici del Parco di Selinunte. Le fiamme hanno inghiottito circa trenta ettari, cioè 300mila metri quadrati, tra sterpaglie, macchia mediterranea e alcuni ulivi. Ad alto rischio anche l’appartamento della delegazione tedesca che da anni conduce ricerche tra gli scavi. Fortunatamente, il patrimonio culturale dell’area non ha subito danni grazie, soprattutto, alla protezione di una serie di viali «parafuoco».
Non pare una coincidenza che l’episodio si sia verificato a pochi giorni di distanza dall’annuncio dell’autonomia finanziaria del Parco Archeologico di Selinunte, nato nel 2013 sulle basi della Legge Granata (20/2000). Il modello prevede una gestione anche economica del patrimonio, superando così la tradizionale opposizione tra cultura e management: permette una riduzione delle spese in quanto le risorse ricavate dalle attività culturali possono essere amministrate dall’istituto stesso al suo interno. L’autonomia gestionale e finanziaria, inoltre, renderà il Parco di Selinunte un ente appaltante e gli permetterà di programmare una gamma di attività con privati da affiancare a conservazione, studio e ricerca.
Conditio sine qua non per portare avanti in modo corretto ed efficace un simile progetto è il massimo rispetto della legalità: il contesto, purtroppo, non aiuta. Castelvetrano, infatti, è città natale del boss super-ricercato Matteo Messina Denaro che pare avesse pianificato, nello stesso periodo degli attentati a Falcone e Borsellino, di far detonare i templi di Selinunte. Questo recente incendio (sicuramente lungi dal trattarsi di autocombustione naturale) è un triste segnale del clima difficile che caratterizza quel territorio.
È davvero impensabile poter paragonare degli atti che accadono in Italia con le tragiche vicende che attanagliano il Medio Oriente. Ed è ancora più scoraggiante il fatto che questi atti vadano ad intaccare il nostro patrimonio culturale: «Sfugge a qualsiasi logica che si possano mettere a rischio le millenarie vestigia selinuntine solo per il capriccio di qualche delinquente», afferma con tristezza e rassegnazione Felice Errante, sindaco di Castelvetrano. Le nostre ricchezze artistiche, infatti, oltre a raccontare di un glorioso passato italiano, rappresentano una tra le primarie fonti di risorse del paese ed è un vero peccato che la criminalità riesca a prendere di mira perfino questo settore.