Parla Alessandro Zan: anche i gay nei campi di sterminio

Con Alessandro Zan, deputato Pd e attivista Lgbt, noto soprattutto per essere riuscito ad ottenere il primo registro anagrafico italiano delle coppie di fatto, cerchiamo di fare chiarezza sul giorno della memoria e di ragionare sul clima politico e culturale di oggi, cercando di far luce sui progressi della lotta dei diritti degli omosessuali.

Oggi è il giorno della memoria. Durante la seconda guerra mondiale i nazisti presero di mira oltre agli ebrei anche gli omosessuali, perseguitandoli perché li consideravano un pericolo per lo sviluppo della razza tedesca. Quanto ha imparato l’uomo da allora?
Diciamo proprio non da subito dalla fine del fascismo. Perché per quanto riguarda gli omosessuali una volta che uscirono dai campi di concentramento continuarono a essere perseguitati: non ci fu per loro una liberazione. Agli omosessuali usciti dai campi attendevano delle leggi che condannavano l’omosessualità.
Per cui a differenza di quelli che sono riusciti a sopravvivere ai campi di concentramento, e sappiamo che ne sono sopravvissuti pochi rispetto alle centinaia di migliaia di persone che il regime nazista ha ammazzato e torturato, gli omosessuali che riuscivano a sopravvivere venivano messi in galera, perché gli omosessuali erano considerati dopo la seconda guerra mondiale in alcuni paesi, in particolar modo in Germania ma anche in Gran Bretagna, alla stregua dei criminali. Solo dagli anni ’70 in poi, assieme ai movimenti femministi, anche i movimenti per i diritti delle persone omosessuali hanno cominciato a radicarsi in Europa e a iniziare le battaglie per l’emancipazione e il riconoscimento della loro dignità e dei loro diritti.

Viene subito in mente il grande matematico Alan Turing che venne perseguitato dalle autorità britanniche a causa della propria omosessualità e a cui la regina Elisabetta II elargì la grazia postuma il 24 dicembre 2013.
Certo, Alan Turing un grande scienziato, matematico, fisico e inventore della macchina computazionale è stato incarcerato, perseguitato proprio per la sua omosessualità, questo a riprova del fatto che l’omosessualità veniva vista come una malattia e solo nel 1990 è stata cancellata come malattia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Per cui ci sono voluti quasi 50 anni per arrivare a questo risultato che oggi fa sorridere che però allora era così.

Questa ricorrenza annuale aiuta a ricordare all’uomo che alcuni errori non vanno più commessi o è diventata ormai solamente una prassi?
Il rischio è che sia così e che possa diventare una prassi. Se per esempio la giornata della memoria che è stabilita da una legge dello Stato non prevede che venga fatto un esercizio della memoria attraverso non più tanto i superstiti, che oggi purtroppo sono quasi del tutto morti, ma grazie all’insegnamento e grazie alla scuola che ha il compito, non solo attraverso l’insegnamento della storia ma anche attraverso il racconto di ciò che è accaduto, di tramandare la memoria alle future generazioni. Perché oggi vediamo, per esempio anche sulla rete, banalmente attraverso i social, che c’è un incremento dell’odio e della violenza, anche della violenza politica, e questo produce un terreno marcio e pericoloso per la convivenza pacifica.

In un mondo come quello di oggi dove a causa anche della crisi economica si sta accentuando la paura per il diverso e per ciò che non si conosce e non si riesce a comprendere c’è il rischio che si commettano di nuovo gli stessi errori?
Sicuramente la situazione politica a livello mondiale oggi è piuttosto preoccupante a causa dell’insorgere di populismi che sono ovviamente il prodotto della cattiva politica.
Quando la politica non funziona, ovvero quando la politica non dà le risposte ai bisogni dei cittadini questo dà fiato, dà forza al populismo, cioè ad una forma demagogica e urlata della politica che non dà soluzioni ma che distoglie le persone dai loro problemi attraverso la propaganda dell’odio, dunque alimentando e mettendo le persone le une contro le altre e questo ovviamente a scapito anche di una convivenza pacifica rispetto alle questioni della diversità etnica, dell’orientamento sessuale e della condizione femminile, e poi potremmo andare avanti. E dunque se banalmente non si danno delle risposte ai problemi della disoccupazione, della disoccupazione giovanile, che è uno dei grossi problemi non solo italiani ma anche europei, della parte ricca dell’Europa, se non si danno delle risposte a questi problemi il rischio è che poi le nuove generazioni reagiscano con rabbia al fatto di trovarsi in condizioni ovviamente di difficoltà e di indigenza economica, senza lavoro, senza un futuro. Le risposte a questi problemi possono virare verso fenomeni di intolleranza.

La legge sulle unioni civili, entrata in vigore il 21 maggio 2016, può essere considerata una buona soluzione o è solo un punto di partenza?
È una buona soluzione perché di fatto dà gli stessi diritti e doveri del matrimonio perché abbiamo voluto rispettare anche la sentenza della corte costituzionale, che io considero a oggi abbastanza arretrata, che diceva che il matrimonio non è costituzionale però bisogna attribuire gli stessi diritti e questo è stato fatto perché poi dentro la legge c’è la reversibilità della pensione, i congedi matrimoniali, gli alimenti in caso di separazione e di divorzio.
Per cui rimane di fatto lo stesso impianto del matrimonio salvo non chiamarsi matrimonio e questo ovviamente rappresenta ancora una disparità di trattamento: significa che fintanto che non ci saranno gli stessi identici diritti per tutti non avremmo completato la nostra battaglia per i diritti civili.
È chiaro che questo rispetto al nulla che c’era prima rappresenta un enorme passo in avanti.