1971-2020: il vero grande balzo in avanti della Cina che si candida a superare gli USA
21 febbraio 1972: il Presidente degli Stati Uniti d’America, Richard Nixon, in veste ufficiale, incontra per la prima volta Mao Zedong, fondatore della Repubblica Popolare Cinese, reduce dalla tragica devastazione del «Grande Balzo in Avanti» e nel pieno della «Rivoluzione Culturale».
Era il primo passo verso un atto clamoroso, ovvero il riconoscimento dell’indivisibilità del Paese e il ritiro delle truppe americane dall’isola di Taiwan.
Quelle che fino ad allora erano state due entità nemiche si ribattezzarono alleate sotto un comune obiettivo: l’indebolimento dell’influenza sovietica in Asia.
A tale evento seguirono numerose occasioni di intervento ausiliario made in USA, commerciate in cambio di una prestante assistenza militare cinese contro l’URSS.
Dalla fondazione di una partnership di ricerca in materia di robotica, intelligenza artificiale e tecnologie spaziali, all’autorizzazione della vendita di navi e tecnologia missilistica, il sostegno statunitense è stato determinante per la costruzione del florido futuro della Cina, per la costruzione del ritrovato nemico.
Così, il vecchio impero rurale, crollato sotto le incursioni di rivoluzionari contadini, è nel Terzo Millennio un lontano ricordo.
Se ne è accorto troppo tardi l’Occidente.
Ridotto, dagli abitanti del West, a primo produttore di falsi d’autore, gigante macchina, tenuta in vita dal capitalismo di Stato, la Cina, in realtà, non è più solo questo.
Di piano quinquennale in piano quinquennale, tra gli anni 2002 e 2012, la Cina ha messo in atto una rivoluzione hi-tech, essenziale per l’assegnazione al Dragone di un ambizioso compito: divenire il leader globale nell’Intelligenza Artificiale.
La reazione trumpiana, segnata dall’avvio della cosiddetta Trade War (la Guerra Commerciale), non ha ancora generato la sperata contrazione della crescita economica cinese.
Quando nel gennaio del 2020 Wuhan e Hubei sono state chiuse in isolamento totale, gli USA e gli Stati europei hanno risposto con l’interruzione del traffico areo, prevedendo per la Cina, accusata di essere primaria colpevole della diffusione di un virus letale, un esiziale destino di solitudine internazionale.
Al termine del 2020 la Cina, invece, è il primo Paese ad aver superato la recessione economica causata dalla propagazione del Covid-19.
Forte del fatto non solo di essere stata il primo centro di diffusione della pandemia, ma anche di aver offerto pronta ed efficiente repressione all’avanzata del virus, la Cina chiuderà il 2020 con una crescita del PIL pari al 2%, mentre gli Stati Uniti subiranno una contrazione del 5%.
Gli effetti della ripresa cinese e dell’arrancare statunitense, secondo il Centre for Economics and Business Research, avranno una portata storica.
Entro il 2028, con un anticipo di 5 anni rispetto a quanto prima stimato, la Cina eseguirà, in termini di Prodotto Interno Lordo, il sorpasso sugli Stati Uniti.
L’Occidente mira i propri fallimenti e gioca in difesa, dalla crescita della diseguaglianza, determinata dalla falcidiazione dei redditi da lavoro, alla crisi degli apparati ospedalieri e ritiene di dover rispondere con un nuovo New Deal che reinventi il sistema di protezione sociale. Al contrario, la Cina gioca d’attacco e guarda a nuove sfide globali, come l’evoluzione del programma Made in China 2025 in China Standards 2035, volto a marcare gli obiettivi del prossimo decennio, incredibilmente accomunati da un unico comune denominatore, ovvero la supremazia tecnologica.
Innanzi a noi si apre un decennio scoppiettante.
Lo scontro è appena cominciato.
Classe 2000, figlia del XXI secolo e delle sue contraddizioni. Ho conseguito la maturità presso il Liceo Classico Eschilo di Gela e frequento la facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Trento