Speciale Freak: intervista a Alessandra Mostacci
“Freak, com’è evidente, era geniale, ma anche gentile,
intelligente e buono, la persona più buona che abbia mai conosciuto”
A cura di Tito G. Borsa
Come e quando vi siete conosciuti?
Ci siamo conosciuti nel 2002 ad un concerto di una mia amica in cui lui faceva una parte di cabaret: per tutta la serata la borsa ha continuato a cadermi e lui non faceva altro che raccogliermela.
Conoscevi già gli Skiantos?
Li ascoltavo da ragazzina ma poi li avevo persi di vista. Quando ho conosciuto Freak gli ho chiesto se il gruppo esisteva ancora e lui mi ha detto di sì, anche se non se ne sentiva più tanto parlare.
Puoi raccontarci qualche episodio della vita privata di Freak?
Di episodi ce ne sarebbero tanti, il primo che mi viene in mente riguarda i regali che mi faceva: una sua fissazione era quella di raccogliere piccoli oggetti come topolini o mucchine, un gioco quasi da bambino, per poi regalarli.
Nell’ultimo decennio hai accompagnato Freak suonando il piano, com’era lavorare con lui?
Il nostro primo concerto è stato nel 2002: si trattava di un’esibizione di musica contemporanea interpretata in modo ironico. Freak si è preparato moltissimo sull’argomento tanto da saperne più di me, che ho alle spalle dieci anni di conservatorio. Questo dà la misura di quanto la sua musica non fosse improvvisata, nonostante l’apparenza suggerisca il contrario. Mi reputava la migliore pianista del mondo e si commuoveva quando suonavo. Nel 2012 decise, su suggerimento di molti amici, di partecipare a Sanremo con la canzone “Però quasi” (testo di Freak e musica di Alessandra Mostacci). Ma Gianni Morandi, allora responsabile del Festival, gli rispose che era un artista troppo di nicchia e che doveva farsi accompagnare da qualcuno di più famoso. Pensammo subito a Elio ma, dopo un’iniziale risposta affermativa, ci venne detto dal suo manager che non aveva tempo; Luca Carboni, invece, accettò di partecipare alla registrazione del singolo ma si rifiutò di portarla a Sanremo, dove non intendeva mettere più piede. Freak credeva tanto in questa canzone e quindi cercò tra gli amici qualcuno che lo accompagnasse ma, ogni volta che trovavamo qualcuno, Morandi lo bocciava per un motivo o per l’altro. I rapporti con lui si chiusero quando Freak, esasperato, gli chiese “Porto Dio?”. Il brano è uscito comunque come singolo ed è stata una grandissima soddisfazione.
A quale canzone di Freak sei particolarmente affezionata?
Sicuramente a sono un ribelle, mamma perché è una canzone in cui chiunque si può trovare.
Pensi che, nel panorama musicale italiano, ci sia qualcuno che potrebbe raccogliere l’eredità artistica lasciata da Freak?
Non credo: Elio e le Storie Tese, per esempio, assomigliano alla prima parte della carriera di Freak ma non hanno la sua genialità: lui si è dedicato e voleva continuare a dedicarsi ad altre cose come la poesia e questo non c’è nell’opera di Elio.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia
Un commento su “Speciale Freak: intervista a Alessandra Mostacci”