Due libri per raccontare il sex work: Giulia Zollino e Tito Borsa
Negli ultimi mesi, in modo del tutto indipendente l’uno dall’altro, sono usciti due libri simili, ma diversi, entrambi a favore di una visione nuova e positiva del sex work. Sto parlando del mio Sex Work. Lavorare con il corpo e di Sex work is work di Giulia Zollino, attivista per i diritti dei lavoratori del sesso molto conosciuta sul web. Due libri molto diversi a partire dal fattore «estetico»: se il mio è un libro fotografico piuttosto grande, quello di Giulia Zollino è un libretto tascabile senza immagini. Ma è il contenuto dei due libri la parte più interessante, perché mi sono accorto che le due opere sono, per così dire, complementari. Cerchiamo di capire perché.
Sex work is work è un misto tra un manifesto per i diritti dei lavoratori del sesso e una panoramica storica e sociale sul sex work. Come scrive l’autrice nell’introduzione:
«Questo libro non ha la pretesa di essere esaustivo, ma vuole essere un piccolo contributo in direzione della normalizzazione del lavoro sessuale, e soprattutto della lotta contro lo stigma che colpisce le persone coinvolte nei mercati sessuali. Partendo dal presupposto che si tratta di un lavoro e che ogni persona è meritevole di fondamentali diritti umani, parleremo di sex work, tentando di sfatare miti e pregiudizi».
Fare una gerarchia tra categorie discriminate è ovviamente una cosa insensata, però sarebbe sciocco negare il fatto che, tra tante minoranze, i sex worker siano quelli che non hanno nessun grande gruppo che lotti per i loro diritti. Osteggiati dalla destra, a parte quella parte di destra che vorrebbe limitarne l’operato riaprendo le cosiddette case di tolleranza, i sex worker sembrano non esistere per la sinistra, con l’eccezione di quella parte di femministe à la carte che vedono il lavoro sessuale unicamente come sfruttamento e non come autodeterminazione. Come spiega Giulia Zollino nel suo libro:
«Lo sfruttamento può riguardare qualunque ambito lavorativo. Il fatto che appaia peggiore quando si tratta di sex work è indicativo dell’atteggiamento ambivalente che abbiamo nei confronti del sesso: considerato basso e sporco da un lato, glorificato e santificato dall’altro. Fare un pompino per 5 euro sembra più grave che raccogliere le fragole a 3 euro l’ora. Ma lo sfruttamento è sempre sfruttamento».
Se il libro di Giulia Zollino è importante per capire fino in fondo il sex work, nel mio libro (oltre a 40 foto di nudo di 8 sex worker) troverete qualcosa di un po’ diverso. Al di là dell’introduzione, che non vi riporto perché citare se stessi è cosa alquanto triste, potrete imbattervi in otto lavoratori sessuali che si raccontano. Asia, per esempio, spiega:
«Nel mio piccolo, sono anni che faccio attivismo a favore del sex work e non ho mai nascosto il mio interesse per questo settore ancor prima di farne parte effettivamente»
e ancora
«Le persone che vogliono essere nella mia vita devono rispettare il mio lavoro. Sono felice che in questo modo ci sia una selezione».
Sex work is work e Sex worker. Lavorare con il corpo sono due libri che parlano della stessa cosa da due punti di vista differenti. Giulia Zollino ci presenta un saggio ben strutturato in cui è presente anche la sua personale esperienza con il sex work, nel mio caso invece si parte da una prospettiva differente, quella del giornalista che è anche attivista per i diritti dei lavoratori sessuali, e che quindi fa parlare direttamente le persone coinvolte attraverso le loro parole e le fotografie.
Se volete approfondire l’argomento, penso che dovreste prenderli entrambi.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia