Abbiamo un numero determinato di azioni da compiere prima di morire?
Il dibattito fra letteratura e scienza esiste da secoli, a volte in rapporto di collaborazione a volte in conflitto. Ogni scoperta o teoria viene declinata in tutte le sue sfaccettature quando viene resa pubblica: per praticità viene riassunta in una formula, ma per comprenderla è necessario riportarla nel campo empirico, pratico. In letteratura questa necessità si traduce nella fantascienza, che, per propaganda o per passione, spesso esaspera le conseguenze di un esperimento.
Non si può fare a meno di notare però come a volte le situazioni scaturite dalla fantasia di uno scrittore più o meno informato siano poi state rese effettivamente possibili. Jules Verne è il primo riferimento a cui ricollegarsi: «Dalla terra alla luna», romanzo in cui si immagina il primo viaggio spaziale, è diventato realtà nello storico sbarco del 1969. Si può obiettare che si tratta spesso di opere consapevoli e costruite dopo una certa ricerca sull’argomento, ma se il testo avesse tono sarcastico, potrebbe ancora nascondere una verità? Presto fatto. Uno degli autori italiani amante del sarcasmo e del reale parodistico è il famigerato Stefano Benni. Nei suoi libri si può osservare un ritratto decadente della società odierna, dipinto con tono ironico, ma che non cela una certa amarezza. Forse inconsapevolmente però, dietro al tema sociale, nel romanzo Elianto ha citato una delle teorie biologiche rinomate nel campo dell’evoluzione. In un capitolo il personaggio del dottor Talete (che, come suggerisce il nome da filosofo, ha una visione molto originale dell’universo) descrive uno dei postulati della biologia allometrica, battezzandola teoria del motus.
Per l’eccentrico dottore, ogni uomo nasce con un determinato numero a disposizione di ogni cosa che utilizzerà o azione che farà, pur essendone inconsapevole. Una volta che, se ad esempio il bonus comprendeva sei partite di calcio, prenderà parte alla settima, perderà la vita; se erano previsti solo 200 km in auto, morirà appena presa la patente. Un modo come un altro per dare senso alle morti improvvise, dato che nessuno di noi conosce il proprio bonus. Secondo la branca dell’allometria però è effettivamente così… Per i battiti cardiaci. Gli studi allometrici mettono in relazione i processi metabolici con la taglia di un animale e si è notato che c’è una crescita lineare fra massa e metabolismo per tutti i vertebrati. Man mano che cresce l’una aumenta l’altro secondo un rapporto costante, tremendamente ordinato lungo il grafico massa/attività metabolica.
Proseguendo su questa linea si è arrivati a ipotizzare che anche il rapporto fra durata vitale e battiti cardiaci abbia un rapporto costante. Organismi con durata vitale maggiore hanno minor frequenza cardiaca, animali con durata vitale minore hanno maggiore frequenza cardiaca, ma il numero totale di battiti è costante per tutti. Una semplice equazione. Chi sta contando mentre si tiene il polso?
Laureata in Biologia all’Università di Padova, mi occupo di didattica ambientale al WWF. Attualmente studio per la magistrale.