Addio Unità, addio!
Tre pagine scritte contro il resto del giornale in bianco. Questa è l’edizione de L’Unità del 30 luglio 2014: il penultimo numero di un giornale che, a parte una chiusura durata un anno, pochi mesi fa aveva compiuto 90 anni. L’Unità chiude i battenti: da oggi non verrà più aggiornato il sito e tutti i dipendenti finiranno in cassa integrazione.
Detto questo, dopo aver espresso il nostro personale dispiacere per la perdita di un giornale storico per l’Italia, proviamo a capire le ragioni di questa chiusura evitando di addentrarci in labirinti economici da cui è difficile uscire per noi profani. La diffusione de L’Unità nel 2012 è stata di 30921 copie (poco più di 20000 nel 2014) secondo quanto documentato da Accertamenti Diffusione Stampa a fronte di più di 3500000 euro di finanziamento pubblico alla testata. Lasciamo i commenti ai lettori e proseguiamo: L’Unità, come anche altri giornali “di sinistra”, ha smesso di essere una testata imparziale nel 2011, quando è caduto l’ultimo Governo Berlusconi. Se prima era facile criticare l’ex Cav e ci fosse ben poco da documentare dello scarso operato della Sinistra, caduto il bersaglio, il giornale ha cominciato ad elogiare Monti, passando poi a Letta e ora con Renzi. Il problema è che il PD (prima l’Ulivo, la Margherita ecc. ecc.) hanno già nell’Europa il proprio organo di stampa: possiamo definire abbastanza ingenuo l’appello del CdR de L’Unità a Matteo Renzi affinché agisse per una sorta di resurrezione della testata. A parte la sua innegabile storia, L’Unità è rimasta, dalla fine del PCI, in una sorta di limbo: da una parte era formalmente un giornale come tutti gli altri, dall’altra si comportava come organo di stampa della Sinistra e, pro tempore, di Mario Monti. Scelte rispettabili, per carità, ma è quantomeno paradossale la scelta di appellarsi a Renzi per il salvataggio del giornale: quante critiche sarebbero arrivate a, per esempio, Repubblica, se avesse agito nello stesso modo? Quello che si tende a scordare è che L’Unità è, formalmente, un giornale come tutti gli altri, senonché è la testata che riceve più finanziamenti pubblici, con vendite non certo entusiasmanti.
Purtroppo il mercato, soprattutto in certi momenti di crisi, va così: o hai tanti lettori e puoi spendere, o ne hai pochi e devi tirare la cinghia. Pare una banalità, sicuramente lo è, ma non nuoce richiamarla alla mente. L’Unità ha un lettorato di nicchia composto da malinconici, ideologi convinti e piddini che snobbano il giornale diretto da Stefano Menichini. Il problema è che non si è fatto nulla per estendere questo lettorato e non ci si è nemmeno convinti che, stanti così le cose, non si poteva certo fare concorrenza ai colossi come Il Corriere o Repubblica.
Concludiamo augurando ai dipendenti de L’Unità di trovare presto una nuova e più stabile sistemazione che non costringa loro a scendere a compromessi con le proprie idee.
Tito G. Borsa
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia