Adelphi pubblica l’opera prima di Simenon
Il Passeggero del Polarlys
Georges Simenon
Adelphi — 2016 — 17 euro
Il Passeggero del Polarlys è il primo romanzo apparso in libreria con il vero nome dell’autore che comunque a partire dall’anno precedente, il 1929, aveva già pubblicato 18 romanzi. Simenon ha ventisette anni.
«È una malattia che colpisce le navi, in tutti i mari del globo, e le cui cause appartengono al vasto, sconosciuto universo che chiamiamo Caso. I primi sintomi non possono sfuggire all’occhio di un marinaio. Tutt’a un tratto, senza ragione, una sartia si spezza come una corda di violino e strappa un braccio al gabbiere». L’ambiente descritto è tra i prediletti dall’autore: una nave che da Amburgo ai porti della Norvegia, tra ghiacci e burrasche paurose, trasporta macchinari, frutta e carne salata che verranno scambiati all’arrivo con merluzzo, olio di foca e pelli di orso. Non mancano i passeggeri che durante il viaggio narrato sono cinque. La scomparsa di uno di loro e la presenza a bordo di un’unica donna, biondissima, filiforme, più che mai indecifrabile e ambigua, saranno il motore narrativo. Il capitano della Polarlys farà da attento osservatore delle strane e sanguinose vicende che accadranno sulla sua nave, osservatore tutt’altro che distaccato: per tutto il viaggio rischierà di rimanere avviluppato nelle misteriose trame ordite dai suoi obliqui ospiti.
Chi legge e conosce bene Simenon sa bene che lo scrittore belga ha firmato una montagna di romanzi e racconti, è stato forse il più fecondo del Novecento. La sua rapidità nel portare a termine un’opera è rimasta leggendaria come d’altra parte il suo clamoroso successo. Qual è il segreto di questa straordinaria creatività? La risposta sta forse nella lettura di uno dei suoi primi romanzi com’è questo, dopo che naturalmente si sono già letti anche gli ultimi. Simenon in realtà ha scritto sempre lo stesso romanzo per tutta la sua vita artistica; stesso schema, stessi meccanismi narrativi, stesso stile, stessi punti di osservazione. Perché non è importante la storia e come va a finire, e nemmeno i personaggi e le loro reazioni, che tanto sono le solite reazioni umane di fronte alla felicità o al dramma. Quello che affascina l’autore è la minuziosa costruzione degli ambienti, gli odori, i suoni, gli oggetti e il loro nome…
E per fare questo bastano due occhi, stupendamente aperti e interessati, e una penna, anzi una matita minuziosamente temperata, come era nelle abitudini di questo geniale osservatore.
C.R.
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