All’italiano serve una strage
È bello vedere la propria bacheca Facebook invasa da Je suis Charlie: un popolo tradizionalmente libero come quello italiano è vicino ai superstiti della redazione del settimanale satirico d’oltralpe Charlie Hebdo e ai familiari delle 12 vittime di quello che è stato uno dei più terribili attentati alla libertà di stampa della storia contemporanea. È quasi surreale pensare che fino a mercoledì mattina il 99% degli italiani non era nemmeno a conoscenza dell’esistenza di Charlie Hebdo e dopo invece tutti a osannare il coraggio degli «antieroi» (come li ha definiti Vauro) che hanno dato la loro vita per la libertà di espressione. Scemo è chi non cambia idea, lo sappiamo, però è innegabile che lasci un pochettino straniti questa improvvisa «presa di coscienza» di noi italiani.
Noi che siamo un popolo da sempre molto sensibile alla tematica della libertà di espressione non potevamo certo tirarci indietro. Noi non siamo quelli il cui presidente del consiglio nel 2001, nel silenzio generale dei non addetti ai lavori (e anche di molti addetti), ostracizzò dalla televisione pubblica Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro; noi non siamo quelli che non si sono minimamente accorti che in questi ultimi anni, a parte rari casi, l’informazione del nostro paese è unica, senza contraddittorio e, soprattutto, senza satira; e noi non siamo nemmeno quelli che credettero che fosse Montanelli ad aver voluto andarsene da Il Giornale nel 1994, mentre la verità è che fu costretto dall’editore de facto Silvio Berlusconi ad andarsene.
Lo dicevamo proprio ieri a proposito di tutt’altra faccenda: agli italiani serve uno shock per iniziare la propria presa di coscienza, serve una strage oppure un articolo talmente provocatorio che molti non lo capiscono. Questa situazione è avvilente, però dobbiamo imparare a conviverci e, soprattutto, dobbiamo iniziare ad adottare le giuste contromisure per rendere comunicabile il nostro messaggio. Basta parole difficili o auliche, basta reticenze o altri alambicchi del mestiere, all’italiano serve lo shock, serve il coinvolgimento. Davvero siamo così? Chapeau.
Tito G. Borsa
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia
Il problema primario dell’italiano,a mio parere, è la totale indifferenza.
Sí, siamo mediamente così ma non occorre uno schock per cambiare. Basta qualcuno da imitare…. E diventiamo “tutti francesi”!