Antonio Gargiulo: non c’è solo Crozza, tutt’altro

Antonio Gargiulo, giovane attore napoletano, è diventato famoso lavorando al fianco di Maurizio Crozza (Crozza nel paese delle meraviglie, ogni venerdì alle 21.15 su La7): celebre il suo Cerata, il giornalista del Tg7 diretto da Crozza/Mentana.

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Che genere di progetti stai portando avanti?
Beh, intanto a giugno debutteremo a Lucca al festival «Teatri del sacro» con Ramayana: un poema sacro indiano, messo in scena con la regia di Roberto Rustioni, con cui ormai felicemente collaboro da 5 anni.
Invece a fine giugno, sempre con lo stesso regista, parteciperemo al «Festival delle colline torinesi», debuttando con Villa dolorosa di Rebekka Kricheldorf, autrice contemporanea.
Infine mi permetto di segnalare un progetto più personale, un testo scritto con i miei ex compagni di accademia (la «Paolo Grassi»), cui è possibile assistere a Milano al Teatro Cpnu: I figli di Troll. È un’opera che sta ancora muovendo i primi passi, ma su cui stiamo lavorando bene, che analizza il talvolta difficile e complesso rapporto tra l’uomo contemporaneo ed il veloce progresso della tecnologia, l’evolversi dei social, il conflitto che può instaurarsi tra reale e virtuale.

Tutto questo senza dimenticare la sicuramente impegnativa collaborazione con Crozza!
Certo! Ho iniziato a lavorare con lui per caso, cinque anni fa. Cercava un coro di giovani attori per la sua caricatura di Bersani, e all’epoca fu scelta mia classe alla «Paolo Grassi». Alla fine siamo rimasti io e Vittoria Scarlattei. È molto bello lavorare con un professionista come lui. Per un giovane attore come io ero è stata davvero una fortuna, dato che si è rivelato fondamentale per la mia crescita professionale. Maurizio è sempre molto occupato, ma ciò non toglie che abbia sempre anche solo un attimo per aiutare e magari prendersi due minuti per dare qualche dritta con la scena. È davvero disponibile, oltre che molto attendo e concentrato sul lavoro. Inoltre lavorare in questo programma è sicuramente un’occasione per essere sempre aggiornato sull’attualità!

Cosa significa fare satira? È una sorta di «responsabilità sociale» dell’attore?
Assolutamente. Sin dal teatro greco dopo tutto. La satira altro non era che lo specchio dei vizi e delle virtù di una società; è raccontare storie – noi ci occupiamo di quelle settimanali. Fare satira è una cosa che pretende molta intelligenza, scadere nella facile volgarità o nella superficialità è un rischio che cerchiamo sempre di non correre. Dosiamo gli elementi e tentiamo di dare una visione profonda di quanto accade. E poi ovviamente ci divertiamo! Capita spesso di non riuscire a fare una scena perché siamo i primi a non riuscire a non ridere, e questo in teatro è fondamentale.

Quale consiglio daresti ad un giovane aspirante attore?
Di seguire con tenacia e passione i suoi interessi, con queste energie che sono propriamente carnali. Perché non è facile fare l’attore. Immergersi ogni giorno per 15 ore in un lavoro come questo richiede la tua partecipazione completa, mente e corpo. Ecco, a un giovane attore direi di lanciarsi e di lasciarsi immergere nel mestiere, di sperimentare a tutto tondo, e da lì capire se questa cosa piace e dà soddisfazione. E rendersi conto che forse sarà necessario rinunciare ad alcune cose, siano esse l’uscita il sabato sera o il weekend libero. Se qualcuno è disposto a prendersi questa responsabilità, allora è la sua strada.