Ancora problemi con la nuova legge elettorale
L’italicum sarà di nuovo oggetto di discussione alla camera a settembre, su mozione di Sinistra Italiana, e siamo alla terza legge elettorale per l’ordinamento italiano in soli 23 anni. Vi sono infatti degli elementi critici, che vale la pena analizzare.
Quello più discusso è senza dubbio il premio di maggioranza: se nessun partito si aggiudica il 40% dei voti validi al primo turno, il più votato al conseguente ballottaggio otterrà comunque 340 seggi su 630, mentre i restanti saranno distribuiti proporzionalmente. Tale «majority bonus system» si inserisce – seppur con percentuali diverse – in una discussa tradizione dei sistemi elettorali italiani, laddove esso era previsto: nella fascistissimalegge Acerbo del 1923 (2/3 dei seggi a chi ottenesse almeno il 25% dei voti); nella «legge truffa» del 1953 (65% dei seggi a chi superasse il 50%+1 dei voti) e nel «Porcellum» del 2005, che di soglie per ottenere il premio non ne prevedeva. È necessario considerare la sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, la quale, dichiarando parzialmente incostituzionale la suddetta legge (n. 270/2005) per quanto riguardava il premio di maggioranza eccessivo e le liste bloccate, fissava anche i criteri entro cui sarebbero dovute rientrare le future leggi elettorali, ovvero di ragionevolezza e proporzionalità. Non sta in questa sede giudicare l’effettivo rispetto o meno di essi, dal momento che è preposto un supremo organo costituzionale a questo fine, tuttavia va ricordato che la Corte stessa ha posto il limite del «vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti», cioè che per rientrare nei limiti di costituzionalità un sistema elettorale non può distorcere la rappresentanza in favore di una ipotetica governabilità. Posto questo, il territorio nazionale sarà suddiviso in 20 circoscrizioni e 100 collegi, in cui sarà possibile eleggere da un minimo di 3 ad un massimo di 9 candidati, configurando dunque un sistema plurinominale. Sono inoltre reintrodotte le preferenze, esprimibili esclusivamente in alternanza di sesso. La soglia di sbarramento è fissata al 3% su base nazionale, i capilista sono bloccati e possono candidarsi in più collegi, fino ad un massimo di 10. Non c’è possibilità di apparentamento tra liste, ciò vuol dire che potenzialmente i partiti minori potrebbero comunque rimanere isolati. Ulteriore punto critico è la validità della legge per la sola Camera, dunque essa è parte integrante di un percorso di revisione costituzionale ancora non attuato, ovvero la riforma che sarà oggetto di referendum confermativo in ottobre. Nel caso in cui vinca il fronte del «No» alla riforma Boschi, Camera e Senato sarebbero eletti con sistemi diversi: la prima con l’italicum (a scanso di ulteriori modifiche), il secondo con il cosiddetto «Consultellum», la legge elettorale derivante dall’epurazione della Legge Calderoli fatta dalla Corte Costituzionale in occasione della sentenza del 2014 sopracitata. Il futuro di questa legge parte quindi incerto, e chissà se verrà ricordata come un Porcellum 2.0, dato che lo stesso Roberto Calderoli ne riconobbe a suo tempo «la partenità» virtuale.
Il commento di Tito Borsa (link attivo dalle 12 del 1/07/2016)
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