Il 25 aprile di Kampah in California

Pubblichiamo una riflessione che Flavio Kampah Campagna, artista e autore di elaborazioni grafiche satiriche per Il Fatto Quotidiano, ha scritto per il 25 aprile. Si tratta della descrizione della sua giornata tipo a Santa Monica, California; anche lui italiano in fuga da un paese che non lo riconosce più come proprio figlio e in cui lui non si riconosce nemmeno un po’.
Flavio ha accettato di collaborare saltuariamente con noi, e di questo oltre a esserne orgogliosi lo ringraziamo.

Generalmente la mia giornata inizia fra le sei e mezza e le sette: la mia sveglia è la luce che filtra dalle tende arancioni della camera da letto più bagno che affitto nella casa della mia vecchia e cara amica Gabriella, a Santa Monica in California, da ormai più di 8 mesi.
La mia prima azione quotidiana è prendere in mano l’iPhone, accenderlo, guardare e rispondere a tutti i messaggi e notifiche su Facebook, controllare la mia email e la mia pagina Instagram.
Controllo anche a ritroso tutta la mia timeline per informarmi e sapere cosa è successo nel mondo e ai miei amici ma soprattutto in Italia mentre io dormivo e tutti invece erano già svegli.
Passo almeno un’ora così, a letto, poi mi alzo, vado in bagno e mi trascino in cucina in pigiama.

Foto di Walter C. Chism Jr.
Foto di Walter C. Chism Jr.

Preparo un intera caffettiera da 5 di caffè Lavazza qualità oro: ogni volta mi fa ripensare alla mia infanzia a Parma e a mia nonna Ada che mi aveva insegnato a prepararlo, dicendomi di riempire la moka senza schiacciare il caffè.
Finita la colazione torno a letto, ma questa volta con il computer portatile davanti e mi metto al lavoro! Ripenso a tutte le cose che ho visto e letto su Facebook e decido chi attaccare per primo: di solito è Matteo Renzi, anni fa era Berlusconi, ma sono quasi la stessa cosa o comunque l’astio e il disprezzo che mi monta per entrambi è quasi uguale, ha lo stesso sapore.
Cerco le immagini più adatte alle mie idee prendendole da internet, le importo in Photoshop, generalmente sostituisco le facce utilizzando le espressioni più adatte per il mio mini-racconto, aggiusto la color correction, aggiungo le scritte e i titoli che di solito mi vengono in mente continuando a pensare al soggetto mentre compongo le immagini, metto un po’ di filtri, poi appiattisco i layers, salvo le immagini e le spedisco immediatamente a Marco Travaglio e ai grafici del Fatto Quotidiano, giornale con cui collaboro, per poi pubblicarle anche sulla mia pagina Facebook e profilo Instagram.
Passo così tutta la mattinata facendone in media 3 o 4 ma continuando anche a controllare le news e a salutare gli amici su Facebook, seguire i miei lavori vari di grafica, poi verso l’una mi alzo vado in cucina e mi preparo solitamente un toast con prosciutto, fontina, pomodoro, insalata e ci aggiungo anche mezzo avocado tritato (ipico della California) con una goccia d’olio d’oliva extra-vergine. Esco in giardino e me lo mangio sotto il sole con gli uccellini che cinguettano.
Dopo pranzo o lavoro alla mia produzione artistica in giardino, i miei stencil su tela o su altri supporti, oppure faccio altri lavori di grafica sempre con il computer.
Aspetto ogni giorno con impazienza le 5 del pomeriggio, perché è a quell’ora che in Italia (l’una di notte) esce il Fatto Quotidiano sul sito: oltre a tutte le nuove notizie, l’editoriale di Marco e le vignette dei 13047838_10154141554234920_3917997080024217234_ocolleghi posso controllare se anche il mio lavoro è stato inserito. La pubblicazione o meno è sempre una grande gioia o una piccola frustrazione, ma ormai mi ci sto abituando e non ci soffro più di tanto: è una selezione organica e naturale che avviene a seconda degli spazi e delle opportunità e nessuno influisce mai sulle mie scelte o soluzioni, vengono solamente scelte se adatte.
A questo punto considero la mia giornata lavorativa finita, mi faccio un’altra doccia, mi preparo e cammino giù fino alla spiaggia, 5 minuti a piedi, o a volte in bicicletta; non ho la macchina e ne sono contento, se devo andare lontano chiamo Uber che costa pochissimo e funziona benissimo a Los Angeles e ha cambiato il modo di vivere in questa città immensa.
Sulla strada che mi porta alla spiaggia tutto è pulito, i vari piccoli giardini sono tutti incantevoli e incantati, i colibrì volano liberi, profumi e colori di fiori esotici ovunque, ogni persona che incontro anche se non la conosco mi sorride e fa un cenno con la testa o a volte mi chiede anche come va e saluta gentilmente, non c’è tensione, non c’è stress e sembra davvero di stare in una sorta di paradiso urbano.
Attraverso a piedi Main Street passando accanto al ristorante vegano, uno dei tanti qui nella zona, e quando faccio per attraversare le 12240058_10153747487644920_5615111430862371435_nmacchine si fermano immediatamente non appena mi avvicino alla soglia del marciapiede e mi lasciano passare sorridendomi; continuo il cammino fino all’orlo della civilizzazione, la costa dell’oceano di Santa Monica, California, una delle tante città che compongono Los Angeles.
A volte arrivo a piedi fino al pontile e salgo sulla terrazza del ristorante italiano Al Mare da cui vedo il tramonto dall’alto sorseggiando una birra e sgranocchiando tortilla chips con guacamole o una bella bruschetta con pomodoro e burrata.
Dopo che è sceso il sole esco dal pontile e cammino verso un altro ristorante, tra i tantissimi tra cui scegliere ogni sera con l’imbarazzo della scelta delle mille cucine di tutto il mondo che offre la California.
Mi trovo spesso con qualche amico o faccio nuove conoscenze mentre mangio e bevo se sono solo solitamente al bancone, poi dopo la cena un’altra passeggiata su Main Street o Abbot Kinney boulevard in qualche bar o locale per poi ritornarmene a casa stanco, contento e soddisfatto.
A casa prima di andare a dormire mando un messaggio a mia madre a Parma che si sta svegliando per chiederle di comprarmi 2 o 3 copie del Fatto mentre va in edicola, nei casi in cui mi sia stato pubblicato qualcosa quel giorno, per conservarle nel tempo e riguardarle dal vivo al mio ritorno.
Buonanotte da Santa Monica dove mi sento finalmente libero e liberato!
Da cosa? Da un paese in cui sono nato e cresciuto ma in cui purtroppo non mi riconosco più da ormai tanto tempo… e che purtroppo molto spesso si crede meglio del resto del mondo.