Auschwitz 70 anni dopo: l’importanza della memoria
Settant’anni fa oggi l’Armata Rossa entrava nel campo di sterminio di Auschwitz svelando al mondo uno dei più grandi crimini di cui il genere umano si sia mai macchiato. I racconti e le immagini girate in quei momenti ci hanno trasmesso l’incredulità dei soldati di fronte all’enormità degli orrori che si palesano davanti ai loro occhi: le montagne di cadaveri nudi, i forni, i prigionieri scheletrici che vagavano come fantasmi in un ambiente spaventoso e surreale. E tutto questo era avvenuto nel cuore della cattolicissima, colta, tollerante Europa: com’era potuto accadere?
Da allora tantissimo è stato fatto perché il ricordo dell’Olocausto non sbiadisse negli anni e per educare la gente al rispetto e alla tolleranza reciproci: libri, film, mostre, viaggi della memoria e soprattutto le testimonianze di chi dall’inferno è tornato vivo, in particolare quelle portate nelle scuole tra i ragazzi, anche se ormai i sopravvissuti sono sempre meno e sempre più anziani.
Eppure l’uomo pare non aver imparato dai propri errori. Non è mai inutile ricordare la lista degli orrori che da allora si sono commessi nel mondo: in Cambogia, in Rwanda, nei Balcani, nei campi della Corea del Nord, in Cile e in Argentina, nel Kurdistan, in Darfur, in Palestina e adesso nel Califfato, per restare a quelli che io ricordo. E quanto sdegno, misto ad un senso di superiorità, suscitano in noi i tagliatori di teste dell’Isis; «Che selvaggi, che animali, noi europei, noi occidentali, non potremmo mai farlo». E invece non è così, settant’anni sono pochissimi per sentirci immuni e in mezzo ci sono stati gli 8 mila morti di Srebrenica e gli stupri etnici. E soprattutto c’è l’odio che esce dalle bocche di molti di noi quando parliamo degli extracomunitari, degli ebrei, degli zingari, delle donne, dell’avversario politico, di Greta e Vanessa, del medico contagiato dall’ebola, di quello del piano di sopra che butta le briciole sul nostro terrazzo. Ci sono quei commenti volgari, odiosi, postati nei social e nei siti dei quotidiani che ci dicono che dopo che anche l’ultimo testimone dei campi di sterminio tedeschi sarà, per ragioni anagrafiche, passato a miglior vita bisognerà continuare ad andare per le scuole e tra la gente a combattere quella cattiveria che, ci piaccia o no, è insita nell’animo umano e che solo la conoscenza, l’educazione e la cultura possono tenere a bada.