Le auto robotiche e gli incidenti
La prima legge della robotica recita: «Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che a causa del proprio mancato intervento un essere umano riceva danno».
In questi giorni però gli ultimi eventi sembrano contraddire la legge scritta da Asimov. Elaine Herzberg, una donna di 49 anni, è stata travolta a Phoenix da una Volvo della Uber a guida autonoma.
Non è la prima vettura che viene calata nella realtà odierna per essere testata, ed in Arizona vi sono molte sperimentazioni grazie alle leggi permissive in vigore in quella zona.
La prassi è sempre la stessa: si porta la vettura nel suolo reale con a bordo una persona reale che funge da controllo in caso di possibili incidenti o guasti.
La questione allora risulta intricata: perché la vettura non si è fermata? La causa è un malfunzionamento del «cervello» dell’auto robotica o il disastro è imputabile all’uomo responsabile della sicurezza?
Ancora non è chiaro di chi sia la colpa, ciò che è lampante è che questa tecnologia risulta essere ancora distante dalla perfezione e forse le norme che tutelano i normali cittadini che si muovono per le strade andrebbero riviste.
Infatti non è la prima volta che una «super auto» come questa non si ferma davanti ad un ostacolo imprevisto come dovrebbe.
Il primo incidente risale al 7 maggio 2016, anno in cui Joshua Brown, affidandosi al pilota automatico della propria Tesla S mentre viaggiava in Florida, guardando un film di Harry Potter, si è scontrato contro il tir del sessantaduenne Frank Baressi. L’errore in questo caso è stato imputato all’auto che ha scambiato il lato bianco del tir per una continuazione del cielo.
Un altro scontro risale al 28 gennaio di quest’anno, dove sempre negli Stati Uniti, un’altra vettura della Elon Musk si è scontrata con un camion dei Vigili del Fuoco che si trovava fermo nella corsia di emergenza con i lampeggianti accesi.
Tesla ha dichiarato che l’Autopilot è utile, ma non può essere usato senza la supervisione di un essere umano e da ciò che emerge, la guida autonoma non è in grado di sopravvivere di «vita propria», ma è ancora una macchina che dipende dall’uomo.
Dalle ultime notizie fornite dal National Conference of State Legislatures, sono benuovo 21 gli stati americani dove la sperimentazione su strada delle «auto-robot» è concessa senza molte remore.
In Arizona solo ben 600 i veicoli tutt’ora in circolazione, a patto che a bordo vi sia una persona addetta al controllo e alla sicurezza. Mentre in Michigan non vi è alcuna restrizione e le auto possono girare anche senza nessun vigilante umano e in California la legge permette persino di togliere a questi robot anche pedali e volante. In Florida, invece, è addirittura possibile non comunicare gli eventuali incidenti generati da questo genere di veicoli.
A causa di questa tragedia Uber ha deciso di interrompere i propri test in molte città americane come San Francisco, Phoenix, Pittsburgh e Toronto.
Ovviamente ogni innovazione presenta i suoi intoppi e i suoi danni collaterali, e ovviamente non sarebbe forse giusto nemmeno interrompere il progresso. Ma da tutti questi eventi emerge piuttosto l’esigenza di gestire meglio i test: è davvero necessario immettere le auto a guida autonoma nella strada senza regole e senza accortezza verso i normali autoveicoli che vi circolano?
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.