Baby gang a Napoli: non è colpa di Gomorra
Nelle ultime settimane, a Napoli sta emergendo un grosso problema, quello delle cosiddette baby gang. Gruppi (e sottolineo gruppi) di bambini o ragazzini, anche armati, seminano il terrore tra i loro coetanei e non solo. Le strade del capoluogo campano appaiono poco sicure e sembra assurdo che il pericolo possa essere rappresentato da dei piccoli. Non più «’e criature» di Scugnizzi, che dovevano alzare la faccia senza avere paura, ma dei veri e propri criminali. In molti hanno accusato la serie TV Gomorra di aver propinato dei modelli violenti, mentre per altri Saviano non è altro che un martire nella lotta alla camorra. A dire il vero, gli effetti di Gomorra un po’ si sentono. I The Jackal hanno cercato di sdrammatizzare con «Gli effetti di Gomorra sulla gente». La serie, che ha raggiunto un milione di telespettatori per il debutto della terza stagione, ha sortito degli effetti anche sulla vita di alcune giovani donne trans, che non hanno iniziato ad essere vessate all’improvviso: semplicemente, la famosissima scena «Pesce e pesce, pò pò pò» è divenuto un volgare insulto in più. Appare fuorviante, fantasioso e codardo dare la colpa di quel che sta succedendo a un film. Gomorra non è altro che la narrazione di una verità, come il camorrista di Tornatore: «’O Malacarne è nu guappo ‘e cartone».
Nel caso di questi bambini, può mai essere colpa di Saviano? I dati Istat su Napoli parlano chiaro: 8milaCensus calcola un indice di vulnerabilità sociale e materiale pari al 104,9℅. Gli indicatori che compongono tale indice sono: l’incidenza percentuale della popolazione analfabeta e analfabeta senza titolo di studio; le famiglie con 6 o più componenti; le famiglie monoparentali; le famiglie con potenziale disagio assistenziale; la popolazione in condizione di grave affollamento; i giovani fuori dal mercato del lavoro e dalla formazione scolastica, le famiglie con potenziale disagio economico, ad indicare la quota di famiglie con figli nei quali nessuno è occupato o ritirato dal lavoro. Peraltro, lo scenario napoletano è contrassegnato da una forte emarginazione interiore e da giovani e giovanissimi che hanno difficoltà a impiegare le proprie risorse per crescere. I dati Censis sulla dispersione scolastica rilevano il 29℅ degli studenti che non riesce a conseguire il diploma, ma prima, negli anni della formazione primaria, dobbiamo domandarci cosa accada. Il fallimento riguarda gli adulti e non è certo colpa di Genny Savastano se Arturo e Gaetano sono stati aggrediti.
Piuttosto che nasconderci dietro un dito, potremmo ascoltare i collettivi studenteschi che hanno reagito con forza nei cortei di protesta e solidarietà e dovremmo contrastare le solitudini infantili e adolescenziali recuperando il senso di cura e di cultura che pare essersi perso per strada.
Classe 1994, di Napoli, laureat* alla triennale in Scienze Politiche alla Federico II, studia Relazioni Internazionali alla Magistrale. Attivista LGBTQI.