Barbarossa: un’operazione a doppio taglio
L’estate del 1941 era appena iniziata quando milioni di soldati tedeschi varcarono le frontiere russo-
germaniche sulle ceneri della Polonia spartita tra Berlino e Mosca poco più di un anno e mezzo prima: fu
l’inizio dell’operazione Barbarossa.
Un flash: soldati tedeschi in un campo di girasoli, avanzano verso oriente. Un altro flash: dei soldati tedeschi assaltano un villaggio di casupole in legno in fiamme, accanto un
semicingolato. Un terzo flash: soldati tedeschi che, dopo aver raggiunto il capolinea di un tram moscovita, soffrono il freddo e poi sono respinti da divisioni di soldati kazaki.
Sono bastati soltanto tre flash e si sono riassunti i primi sei mesi di operazioni di guerra fra tedeschi e
sovietici, ma a parte una visione superficiale, che cos’è stata l’operazione Barbarossa?
I rapporti tra Germania e Russia
Dopo la sconfitta tedesca nella Grande Guerra e di pari passo l’avvento del bolscevismo in Russia, Germania e Unione Sovietica erano entrambi paesi emarginati in ambito internazionale. Non essendo membri della Società delle Nazioni, i due paesi strinsero rapporti di cooperazione militare arrivando a compiere esercitazioni segrete, ma qualcuno tramava perché la pace fosse a rischio.
Josif Stalin, ex capo della fazione destra del PCUS e ora leader incontrastato dell’URSS, era frustrato:
desiderava che la Russia tornasse a possedere i territori dell’Impero Zarista, lui che era un georgiano ed era cresciuto nella periferia della sterminata nazione euroasiatica.
Negli ultimi tempi, alcuni storici hanno scoperto che L’uomo d’acciaio desiderava seminare discordia in Europa e, pur d’indebolire Inghilterra e Francia e minare una possibile unità europea, favorì l’ascesa del nazionalsocialismo in Germania: per questo obbligò i comunisti a non allearsi con i socialdemocratici alle elezioni tedesche del 1933.
Se Stalin credette di far scoppiare una nuova guerra, il suo sogno si avverò, ma non accadde che Hitler, del quale era occulto creatore, sarebbe stato sempre ai suoi ordini. Il cancelliere e di lì a poco Führer nutriva infatti una spiccata antipatia per il comunismo e cancellò la cooperazione militare segreta.
Gli anni trascorsero e la Germania cercò il suo Lebensraum (spazio vitale) a est, invadendo e annettendo
territori in altri termini indipendenti. Nell’agosto del 1939, Joachim von Ribbetrop, ministro degli esteri del Terzo Reich, volò a Mosca per firmare con l’omologo russo Vjačeslav Molotov un patto di non aggressione, quello che successivamente passò alla storia come il Patto del diavolo.
Ma il diavolo, fra i due, chi era?
Di lì in poi la situazione degenerò: i tedeschi invasero la Polonia e la spartirono con i russi i quali, nel 1940,
annessero le Repubbliche Baltiche che avevano ottenuto l’indipendenza nel 1918. Stalin aveva fatto i calcoli giusti: stava sfruttando Hitler per i suoi fini. Mentre Hitler scatenava la guerra a occidente, Stalin si preparò alla guerra contro i tedeschi, ma fu ingenuo: credeva che sarebbe scoppiata molto tempo dopo, non tenne conto che il Führer era impaziente di annientare il comunismo e se non fosse stato per una distrazione di nome Mussolini (il Duce aveva invaso la Grecia venendo sconfitto e i tedeschi, pur di aiutarlo, intervennero nei Balcani ritardando di mesi preziosi l’inizio dell’operazione Barbarossa) forse Hitler ce l’avrebbe fatta.
L’illusione di Stalin
Così si arrivò al 22 giugno 1941: dopo settimane di incidenti di frontiera e nelle quali gli aerei da
ricognizione tedeschi sconfinavano in territorio russo, decine di divisioni lanciarono l’attacco vero e proprio.
Si racconta che sulle prime Stalin non volle crederci, poi cadde in depressione. Se lui era incapace di reagire, la Russia, essendo un’autocrazia, ci si conformò e non reagì in maniera adeguata all’invasione. Fu così che i tedeschi avanzarono di centinaia di chilometri. Hitler era felice: l’operazione Barbarossa (nome scelto in onore del sacro romano imperatore che combatté i popoli slavi) stava avendo successo ed entro poco tempo i tedeschi sarebbero arrivati a Mosca.
Nel frattempo, erano centinaia di migliaia i soldati russi che cadevano prigionieri in paurose sacche in Ucraina e Bielorussia. Era chiaro che gli ufficiali dell’Armata Rossa erano degli inetti, ma questo perché Stalin, con le sue purghe, aveva fatto processare, imprigionare e/o fucilare i migliori ufficiali: fu tutta colpa delle paranoie del Baffone.
La situazione rosea per i tedeschi e i loro alleati, però, iniziò a incepparsi: il territorio russo era sconfinato, non ristretto come la Francia invasa l’anno prima, e la Blitzkrieg fu insufficiente. Oltretutto, i russi
disponevano di grandi quantità di materiale umano e se i tedeschi non potevano sostituire facilmente le
perdite, i sovietici al contrario potevano inviare in battaglia truppe sempre nuove.
In meno di sei mesi i tedeschi arrivarono nei pressi di Mosca, ma aveva iniziato a nevicare e il Führer si era rifiutato di distribuire l’equipaggiamento invernale alle sue truppe per non smentire la sua dichiarazione che la guerra sarebbe finita prima dell’inverno. Il 5 dicembre i tedeschi, alle porte di Mosca, furono travolti dalla controffensiva sovietica. Da lì in poi, fu tutto un declino.
Gli altri Paesi in guerra
Dato che anche l’Italia è stata teatro di guerra aperta nella seconda parte del conflitto, non si sa molto delle operazioni nell’Europa dell’est. È risaputo che Mussolini inviò le truppe del C.S.I.R. (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) e dopo rinominate ARM.I.R. (Armata Italiana in Russia), ma c’erano anche gli ungheresi, i romeni e i finlandesi, senza contare i volontari provenienti da tutti i paesi d’Europa che, per amore dell’anticomunismo, si erano arruolati nelle Waffen-SS. Persino la Spagna, che ufficialmente non era in guerra, inviò una divisione: la Divisione Blu, di 18.000 uomini.
Ogni paese visse la guerra contro i russi in maniera differente. Per esempio i finlandesi, che erano stati sconfitti nella Guerra d’Inverno del ‘39-’40, si unirono all’avventura in quella che fu chiamata Guerra di Continuazione. Il conflitto si combatté sulla frontiera russo-finlandese, ma fu perlopiù una guerra di posizione come le battaglie del ‘14-’18.
In seguito, quando fu chiaro che i tedeschi stavano perdendo, i finlandesi fecero la pace con i russi e combatterono gli ex alleati nella Guerra di Lapponia. In questo caso, però, i finlandesi fingevano di collaborare con i russi ma invece avvertivano i tedeschi dove avrebbero attaccato e così le truppe dello Heer abbandonavano le postazioni.
In poco tempo, i sovietici intuirono il doppio gioco ed estromisero dalle operazioni i nuovi alleati.
Anche la Romania tradì come facemmo noi italiani, anche se non è noto. Quando i russi entrarono a Bucarest, ci fu il colpo di stato di re Michele I, i romeni firmarono la pace con i sovietici e dichiararono guerra alla Germania. In mezzo a tutti questi tradimenti, soltanto gli ungheresi rimasero leali verso i nazisti e combatterono duramente senza cambiare idea.
Tornando al 5 dicembre 1941, l’operazione Barbarossa si concluse e fu tutto un frammentarsi di operazioni di difesa e timidi attacchi. L’assedio di Leningrado proseguì, si combatté per Stalingrado, la battaglia del Caucaso continuò, ma divenne un susseguirsi di operazioni anche abbastanza oscure per il resto d’Europa. Un esempio su tutti è l’operazione Bagration, che avvenne in sordina perché nello stesso periodo ci fu lo sbarco in Normandia e la liberazione di Roma.
In definitiva, Barbarossa fu un’operazione a doppio taglio per i tedeschi perché l’iniziale trionfo si tramutò in una ritirata rovinosa e misera.