A Bea, che si è lasciata cadere sotto un treno

Beatrice, 15 anni. Un corpo ingombrante, forse non tanto per lei, ma per chi la circondava e la giudicava.
Chi ti scrive ti capisce, Bea, sa che cosa vuol dire essere additata come cicciona, non ci si fa mai l’abitudine. Si torna a casa con lo stomaco attorcigliato dall’ennesima umiliazione, ma a mamma e papà, un po’ per pudore, un po’ per non arreccare un dispiacere, spesso si tace tutto. Così ci si affida a un diario, custode silente di quei graffi sull’anima, che, tuttavia, poco può aiutare.  A riguardarsi, chi oggi si rivolge a te, comprende che veramente grassa non lo era mai stata, solo più rotonda dei suoi compagni. Eppure, non glielo si perdonava, anche se in altri ambiti differenti dalla forma fisica eccelleva, ma la panzetta, no, non meritava alcuna clemenza.
Però Bea, te lo si deve proprio dire: che grande spreco! Sotto quel treno hai dilaniato tutti quei sogni, tutto quel talento che coloro che ti volevano davvero bene hanno ribadito, in lacrime, in questi giorni.
È doloroso constatare che non sei riuscita a cogliere, troppo accecata dalla sofferenza interiore, che non vale la pena porre fine alla musica della propria vita per delle note stridenti, stonate. Quella musica per cui ogni mattina, con sacrificio, partivi da Torino alla volta di Vercelli sarebbe potuta ancora risuonare per lunghi anni, sempre più soave, chissà dove ti avrebbe condotta!
I kg in eccesso si possono eliminare per piacere a se stessi e guadagnarci in salute, gli stronzi che, gratuitamente, vogliono demolire la nostra esistenza, pure.
Infine,  a voi, se siete vittime come Bea: armatevi di registratore vocale (ogni smartphone ne è provvisto) e poi denunciate, perché qualche fattispecie di reato la si trova per sbattere gli stronzi di fronte alle proprie responsabilità.