Biodiesel: si può ottenere dal comune olio da cucina
Tutti i giorni ci interfacciamo con i vari effetti collaterali ne ha prodotto uno che non avevamo considerato: il crollo del costo del petrolio. Oltre al greggio, sono scesi anche i prezzi di zucchero e vari oli utili a produrre biodiesel.
Il petrolio è diventato durante il lockdown un prodotto altamente costoso da conservare e stoccare e questo ha portato alla limitazione della creazione del biodiesel. L’ammontare destinato a produrre il biofuel è stato invece riservato all’agricoltura. Lo zucchero e l’olio di palma sono successivamente scesi a favore di quei paesi che li usano come materia prima.
Il biodiesel è il prodotto della transesterificazione attraverso l’utilizzo di alcol etilico e metilico, tramite il quale partendo da diversi oli vegetali si può trasformare un estere in un altro, ovvero in biocarburante.
Tra i vantaggi dell’utilizzo del biodiesel vi è sicuramente la non tossicità, la biodegradabilità e diminuisce l’emissione di polveri sottili e di anidride carbonica nell’ambiente. Tuttavia, lo svantaggio principale è l’enorme quantità di terreni che verrebbero sottratti per produrre il biodiesel, giacché per produrre 1.000 kg è necessario avere a disposizione un ettaro.
Tuttavia, una notizia positiva c’è e ci porta un’innovazione che potrebbe migliorare il mercato del biodiesel. Il nuovo biodiesel è ottenibile a partire dal comune olio di cucina già utilizzato.
I ricercatori della RMIT University sembrano aver trovato questo nuovo metodo che risulterebbe sia potenzialmente risolutivo sia economico.
La chiave di questo è un nuovo catalizzatore dall’efficienza estrema, che riesce a produrre il biocarburante voluto con livelli bassi di carbonio.
Infatti, trasformare comune olio da cucina in fuel è un processo molto complesso, soprattutto perché richiede molta energia e in particolare perché necessita di materie prime molto pure.
L’utilizzo del catalizzatore permette di produrre biodiesel anche se all’inizio del processo vi è una materia prima che contiene fino al 50% di contaminanti. Questo è un enorme vantaggio se si pensa che al giorno d’oggi la soglia massima di impurità tollerate è pari solamente al 2%.
Questo catalizzatore potrebbe portare alla svolta nell’utilizzo di scarti domestici, come cibo e plastiche per produrre biodiesel.
Soprattutto, si potrebbero creare addirittura anche altri prodotti oltre al biodiesel, come medicinali, imballaggi e fertilizzanti.
Il risultato dello studio è stato scritto e pubblicato su Nature Catalysis e, come viene anche spiegato da Adam Lee, professore della RMIT University: «I nostri nuovi catalizzatori possono aiutarci a ottenere il pieno valore delle risorse che normalmente andrebbero sprecate, dall’olio da cucina usato rancido alle bucce di riso e alle bucce di verdura, per promuovere l’economia circolare».
Il catalizzatore è strutturato come una spugna ceramica di dimensioni pari ad 1 micron. La sua struttura è estremamente porosa, contiene svariati composti attivi e potrebbe essere il primo catalizzatore che è in grado di sviluppare diverse reazioni chimiche allo stesso tempo.
La scoperta ha creato una svolta e potrebbe rivoluzionare il mercato per un ammontare di 34 miliardi di dollari.
La speranza è che questo nuovo step aiuti a proporre questi nuovi carburanti al posto di quelli fossili, per poter fornire una nuova arma per salvare l’ambiente.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.