Bitonci Bitonci, non t’offendere ma…
È come se ci fosse un cartello ad ogni bar e locale pubblico di Padova. «Io non posso entrare», solo che invece del cane c’è il simbolo del Partito Democratico e di altri partiti ufficiali. Forse esagero, ma mi spiego meglio, ricordate quando il sindaco vietò l’uso delle sale pubbliche al principale partito d’opposizione? Dov’è finito il «sindaco di tutti»? Il divieto vige ancora, tanto che sabato 13 dicembre ci siamo riuniti al centro Congressi Papa Luciani, una bella sede privata, per accogliere la candidata alla presidenza della regione Veneto Alessandra Moretti, l’onorevole Pierluigi Bersani e e l’eurodeputato ed ex sindaco di Padova Flavio Zanonato. Non vi dico niente del dibattito, sennò farei campagna elettorale e non è questo il luogo. Come non è luogo palazzo Moroni, a quanto pare. A meno che non prendi il simbolo del partito, non lo copri e non lo sostituisci con quello di Padova Civica. Badate bene, mi indignerei anche se fosse una giunta di sinistra a vietare la riunione di un partito di destra. C’è gente di cui non condivido l’opinione, ma non per questo ne voglio impedire le riunioni con un pretesto che non sta in piedi. Oppure chi è al potere ha paura delle opposizioni? Ora alla Fornace Carotta c’è un torneo di scacchi e nessuno ne è più entusiasta di me, ma vorrei poter tornare ad usarla anche per fare politica. Il partito politico ormai è una cosa di cui vergognarsi, meglio nascondersi dietro le associazioni, infilare la tessera nel fondo della borsa. Ammiro il coraggio di Pierluigi Bersani quando, nonostante i fallimenti, nonostante in molti lo stiano criticando, dice «il Pd è la mia casa e per cacciarmi ci vogliono i carabinieri». L’ho incontrato, in un’esperienza tragicomica che se volete vi racconto in privato. Lui è una persona davvero amabile, anche se non è riuscita a smacchiare il giaguaro.
Tornando al divieto, qual è il passo successivo? Ai tempi del fascismo c’erano davvero cartelli sulle vetrate con scritto «Qui non si parla di politica», ma questi metodi sono lontani anni luce da ciò che conosco. Li ho appresi dai libri e lì devono rimanere, sui libri. Qui non sto parlando dell’ennesima «bitonciata» allo scopo di attirare commenti di chi l’ha votato, sto parlando di un intero modo di pensare, di un’anti-politica che porta le piazze a riempirsi e i seggi a svuotarsi. In un mondo ideale la politica non dovrebbe servire, ognuno potrebbe provvedere a se stesso. Siamo d’accordo che il divieto è stato fatto proprio dal Pd di Zanonato a suo tempo, però era riferito alle aziende private, non certo ad un partito. Guardate il monopoli, dove ognuno parte con gli stessi soldi dell’altro e poi va per la sua strada. Costruisce, fa, briga. Così è su altro gioco da tavolo, meno famoso, simile nel meccanismo: se un giocatore finisce sulla casella «ridimensionamento» perde il lavoro, ma dopo due turni lo riacquista. Insomma si dà per scontato che ci sia una buona riforma del lavoro, un fisco poco opprimente, mercati azionari che funzionano bene. Quasi tutti queste cose si possono raggiungere con la buona politica. E la buona politica parte dalla discussione costruttiva. Non ci riuniamo mica per pettinare le bambole, ragazzi.
Impegnata tra libri e scacchi, in movimento tra Padova e Torino, sempre con una forte dose di sarcasmo.