Brexit: una minaccia per l’Unione Europea
Ieri l’Europa si è svegliata con un volto nuovo. Per la prima volta l’Unione Europea ha perso uno dei suoi paesi membri: il 51,9% degli elettori britannici si è espresso a favore della Brexit, l’uscita del Regno Unito da quella che, prima che un’unione politica ed economica, è un simbolo di convivenza pacifica.
Una decisione dettata senza dubbio dalla paura, così come sulla paura era fondata la campagna a favore della Brexit. Ragioni per essere scontenti dell’Ue non mancavano, ma non giustificano una scelta così drastica: i problemi del Regno Unito non si risolveranno in questo modo. Anzi, con il crollo della sterlina e l’esclusione dagli accordi internazionali stabiliti dall’Ue, il paese sarà messo a dura prova. La sua uscita dall’unione è anche un duro colpo per la sua unità interna: Irlanda del Nord e Scozia si sono infatti schierate dalla parte del «remain», e non è escluso che ora chiedano di separarsi dall’Inghilterra e dal Galles, generalmente favorevoli al «leave».
Ma a preoccupare sono soprattutto le conseguenze per l’Ue, che non si limitano alla perdita di uno dei 28 membri, ma rischiano di innescare un effetto domino. A esultare per la Brexit sono stati infatti soprattutto i politici nazionalisti del resto d’Europa, che non hanno tardato ad annunciare che i loro paesi presto seguiranno l’esempio del Regno Unito. Prima fra tutti Marine Le Pen, che già parla di «Frexit», seguita da Salvini, che suona minaccioso col suo «ora tocca a noi». C’è da sperare che i cittadini europei non diano retta a questi avvoltoi travestiti da paladini della democrazia, che generano rancori e risentimento presentandosi come difensori della volontà popolare e della sovranità nazionale. Niente è peggio di costruire muri in un’Europa sempre più divorata dall’odio e dalla paura.