Bruchi mangia-plastica? La biologa ora è senza contratto
Sembra impossibile ma la natura prevede e provvede a qualsiasi cosa. La sua perfezione ha stupito nella storia molti filosofi e matematici e la sua capacità di adattamento colpisce ancora oggi.
L’ultima scoperta in tal senso è stata partorita proprio nella nostra Italia grazie alla biologa Federica Bertocchini: esiste in natura un bruco che mangia la plastica.
La creaturina è più propriamente chiamata Galleria Mellonella, o anche detta tarma maggiore della cera, ed è un lepidottero che infesta gli alveari e deve il suo nome proprio alla sua capacità di mangiare la cera delle api e il miele. Questa larva è molto usata dai pescatori, che la usano come esca, e la sua dolcezza la rende un perfetto spuntino per tutti gli animali insettivori che adorano il suo gusto dolce che le viene donato dal miele.
Tenendo conto che vengono prodotti almeno 8 miliardi di tonnellate di plastica ogni anno e che nel mondo la domanda di plastica è talmente forte che solo nel 2015 ha raggiunto la cifra 50 milioni di tonnellate, risulta lapalissiano come lo smaltimento della plastica sia un problema abnorme, e forse questo bruco potrebbe essere il punto di partenza da cui la ricerca può cominciare a pensare a come smantellare tutta questa plastica.
La Bertocchini si è accorta per caso delle proprietà del bruco, quando dopo aver ripulito le proprie arnie dai parassiti, ha notato che queste larve erano riuscite a fuggire dal sacchetto in cui la biologa le aveva riposte tramite alcuni buchi che questi insetti avevano creato.
I ricercatori avevano già catalogato altri microorganismi in grado di degradare la plastica, ma questi batteri riescono a smaltire solamente 0,13 milligrammi di plastica in un’intera giornata, a differenza delle Galleria Mellonella che risultano essere capaci di mangiare 92 milligrammi già in 12 ore.
Dunque, secondo i biologi, il bruco è in grado di biodegradare il polietilene, il polimero sintetico più comune tra le materie plastiche, e trasformalo in glicole etilenico, composto generalmente usato come anticongelante, sfruttando la propria capacità di adattamento e le proprie abitudini alimentari.
Infatti le larve crescono mangiando la cera d’api e la digestione di questa miscela richiederebbe la rottura di alcuni legami chimici che risultano essere esattamente analoghi a quelli che formano il polietilene.
Tuttavia l’esatto funzionamento della digestione della plastica da parte delle larve è ancora da capire e Federica Bertocchini deve ancora lavorare per riuscire a isolare l’enzima che permette ai bruchi di degradare il polietilene.
Purtroppo la biologa ha terminato il contratto di ricercatrice e ora è alla ricerca di una nuova assunzione.
La strada per riuscire a superare il problema della plastica sembra essere ancora lunga e tortuosa ma grazie a questa scoperta si potrà avere un solido punto di partenza.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.