La lettera: come fare delle buone primarie?

Caro direttore,
siamo nel periodo delle primarie per le amministrative. Lʼinsuccesso per motivi diversi è ciò che sembra accomunare le votazioni di ogni forza politica: chi si rivolge a un numero troppo ristretto di persone, chi si rivolge a un numero troppo esteso, chi non controlla se il cittadino ha già votato in un altro seggio e così via. La domanda che vorrei porle è la seguente: servono davvero le primarie? E poi, nel caso in cui fossero realmente utili, esiste un modo per renderle il più possibile immuni dai problemi suddetti?
Saluti

Massimo

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Caro Massimo,
la sua lettera fotografa un dilemma a cui sto pensando da alcuni giorni, e credo che con me ci stiano pensando anche altri italiani: servono davvero le primarie fatte così? Da un lato abbiamo i 5 Stelle che da una parte – affidandosi al voto online – escludono i cittadini più anziani e meno propensi a usare computer e smartphone e dallʼaltra, per evitare «infiltrati», permettono di accedere al voto solo a chi è iscritto da una certa data al blog di Beppe Grillo. Poi abbiamo il Pd, che fa partecipare qualunque cittadino italiano che abbia almeno 16 anni e in possesso di due euro da dare al partito. E infine la destra che, parliamo soprattutto del caso Roma, non si cura del fatto che un cittadino possa anche votare più volte soltanto cambiando seggio: una giornalista del Fatto e una del Tempo sono riuscite a votare almeno una dozzina di volte ciascuna. Non prendiamo in considerazione la questione dei «buttadentro» che, a suon di minacce o di dindini, sembra che si siano presi lʼonere di rendere più partecipate le primarie: questioni di tale risma, assolutamente incommentabili, esulano dalla discussione sul sistema delle primarie. Quali sono le conseguenze di questi tre metodi? I 5 Stelle ottengono sempre pochi voti rispetto ai propri elettori, il Pd fa potenzialmente accedere anche esponenti dei partiti avversi che ovviamente votano il candidato più debole, e la destra può verosimilmente ottenere un numero di voti completamente sballato. Dobbiamo, se vogliamo cercare un modello di primarie perfettibile, tenere conto dellʼassoluta e incolmabile discrepanza fra gli elettori di un partito e gli iscritti: risulterebbe fallace quindi limitare il voto solo a coloro che posseggano la tessera della forza politica in questione. Finché non esisteranno apparecchiature capaci di leggere nel pensiero, risulta difficilmente superabile il problema degli «infiltrati»: se è assurdo limitare il voto agli iscritti, è preoccupante lʼopposto, ossia i voti dei simpatizzanti della forza politica avversaria.
Cosa fare a questo punto? Le alternative appetibili sono essenzialmente due: 1. Istituzionalizzare le primarie e quindi creare un modello unico per tutti i partiti cosicché gli imprescindibili difetti di questo modello si compensino riguardando ciascuna forza politica; 2. Abolire le primarie e far scegliere il candidato allo staff del partito. Non mi sento di spingere oltre il ragionamento, preferisco invece lasciare al lettore il compito di trarre le conclusioni che ritiene opportune.
Distinti saluti

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