La Carta di Gavirate per proteggere i malati di Alzheimer
Oggi è la XXI Giornata Mondiale Alzheimer, una malattia che colpisce circa 600mila persone in Italia, un numero che purtroppo è in crescita. Si tratta di una sindrome degenerativa che comporta perdita della memoria e progressivo deterioramento cognitivo, oltreché dolore e angoscia alle persone che vivono accanto al malato. Familiari, care givers e amici si trovano a dover affrontare e gestire una condizione patologica che comporta un radicale cambiamento di personalità della persona malata.
L’Associazione Italiana di Psicogeriatria (Aip), presieduta dal veronese professor Marco Trabucchi (Direttore Scientifico del Gruppo di ricerca Geriatrica di Brescia e Professore ordinario Cattedra di Neuropsicofarmacolgia all’Università di Roma «Tor Vergata») è reduce dall’Alzheimer Fest, una tre giorni organizzata a Gavirate, sul lago di Varese, dove, anche grazie a illustri presenze del mondo della cultura e dello spettacolo, è stato possibile intercettare e coinvolgere un vasto pubblico di interlocutori attorno a un tema difficile, cercando di trasformarlo in un’occasione di conoscenza e approfondimento, di vicinanza e condivisione.
Quest’anno l’Aip ha stilato anche la Carta di Gavirate, approvata proprio nel corso dell’Alzheimer Fest. Si tratta di un elenco di punti che l’Associazione intende promuovere a livello nazionale per il benessere del cittadino malato. «Maggiore è la fragilità dell’individuo, maggiore deve essere l’impegno di “protezione” da parte della comunità, con un bilanciamento continuo che permetta di evitare gli sprechi. Si consideri che l’appropriatezza degli interventi sanitari permette di indirizzare gli interventi sul bisogno più forte, evitando di disperdere in interventi futili le energie umane ed economiche rivolte alle cure», spiega il professor Trabucchi, che prosegue: «La “protezione” verso l’ammalato di Alzheimer e delle altre demenze si esplica in molti modi concreti, ma, prima di altri, deve valere il criterio del rispetto del singolo, che spesso si trova impreparato di fronte alle avversità della vita e soffre. All’inizio della malattia, in particolare, l’ammalato non comprende cosa sta avvenendo e si sente solo, anche rispetto alla famiglia, che non vuole coinvolgere nel suo dolore. La vicinanza di operatori sanitari preparati in questi momenti porta serenità e rafforza le modeste capacità di resilienza dell’individuo».
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