C’è qualcosa che accomuna tutti i cuccioli del mondo
«Kawaii». Quante volte è capitato di sentirlo nei contesti più disparati? Si tratta del fonema di una parola giapponese che è stato via via sempre più usato internazionalmente per indicare genericamente immagini o oggetti che suscitano tenerezza. Il significato è molto generico in realtà, in italiano si potrebbe tradurre con «carino», ma sarebbe riduttivo. Dato che l’ambito a cui era più associato erano personaggi e illustrazioni di anime e manga, non verrebbe all’inizio da accostarlo a contesti più reali.
Peccato che la natura stessa abbia utilizzato la sensazione mista di contemplazione e empatia a proprio vantaggio: parliamo del baby schema, espressione coniata dal celebre etologo Konrad Lorentz. Del resto, già durante lo studio del fenomeno dell’imprinting si era dedicato all’osservazione del comportamento dei piccoli di alcuni animali (pulcini, per essere più specifici). Non poteva quindi non aver notato che esistono dei tratti, o meglio dei display per usare il termine appropriato, che si ripetono nei piccoli di specie molto diverse tra loro. Lo schema di cui si parla comprende occhi grandi in relazione al volto, testa grossa, arti corti e goffi, ancora poco stabili, naso schiacciato e pelle liscia, o pelo molto morbido. Tutte queste caratteristiche spingono gli adulti a trovare piacevole la vista e il contatto con i cuccioli, ma questo serve in primis ai piccoli. L’adulto, vedendoli così impacciati e buffi, difficilmente li considererà una minaccia o dei possibili rivali. Permetterà dunque loro di crescere e raggiungere la maturità sessuale. Almeno, per la maggior parte delle specie, soprattutto dei mammiferi, il meccanismo è questo.
Il fatto che le caratteristiche siano simili fra cuccioli di specie diverse fa pensare sia ad una convergenza, ossia al favorire caratteri simili perché risultavano egualmente vantaggiosi, sia ad una sorta di prevenzione da predatori. Dopotutto anche noi siamo un esempio lampante: la tentazione di coccolare cani e gatti è decisamente più intenso di fronte ai loro piccoli che agli adulti perché sembrano innocui. Basta aprire la bacheca di un qualunque social media per ammettere la realtà. Ma soprattutto i tratti del baby schema sono presente anche… Nei nostri neonati. La nostra mente dunque associa l’aspetto dei bimbi, che siamo naturalmente portati a difendere in quanto piccoli della nostra specie, con quello degli altri cuccioli, spingendoci a provare sensazioni simili.
La testolina arruffata e le orecchie ciondolanti sono una vera e propria armatura sviluppata dai piccoli per assicurarsi un’infanzia tranquilla. Tanto più è lungo il processo di crescita tanto più tardi queste caratteristiche tenderanno ad attenuarsi.
Laureata in Biologia all’Università di Padova, mi occupo di didattica ambientale al WWF. Attualmente studio per la magistrale.