Chiusura domenicale: le persone prima dei consumatori
Luigi Di Maio ha annunciato che entro la fine dell’anno arriverà la legge che impone una forte limitazione alle aperture nei giorni domenicali e festivi agli esercizi e ai centri commerciali. Nonostante molti cittadini sembrino, da recenti sondaggi, apprezzare la proposta, altri invece si dicono contrari. Tra questi anche politici come Matteo Renzi e vari magnati della grande distribuzione, i quali subito hanno vaticinato la perdita di migliaia di posti di lavoro. Un copione già visto per il decreto dignità.
La regolamentazione tutt’ora vigente è stata voluta dal governo Monti attraverso la liberalizzazione presente nel decreto «SalvaItalia», la quale, per il semplice fatto di essere fatta in Italia, è stata selvaggia. Siamo gli unici in tutta Europa, infatti, a non avere una benché minima stretta sulle aperture degli esercizi commerciali. Ciò ovviamente ha scaturito il gioco al massacro, in cui migliaia di piccoli esercenti e lavoratori della grande distribuzione hanno dovuto rinunciare al dì di festa per non essere mangiati vivi dalla concorrenza. I detrattori ovviamente fanno notare che oltre all’eventuale danno all’occupazione ci sarebbe anche un danno ai cittadini che verrebbero privati del loro diritto di fare shopping che come è noto è ben più importante dei diritti sociali.
Qua viene il punto; in tempi recenti le politiche sociali ed economiche italiane (ed europee) hanno visto il cittadino solamente come consumatore e fattore di produzione e non come persona. Uno stato ha sì il dovere di tutelare i consumatori, certo, ma mai al discapito delle persone. La persona viene prima del consumatore. Questa legge e il decreto dignità, con tutti i limiti e difetti invece vanno in una nuova direzione dove alle persone è conferita un’importanza maggiore che all’economia.
Ampliando il discorso, è noto come uno degli obbiettivi fondamentali della BCE è quello di contenere l’inflazione e di mantenere la stabilità dei prezzi, il che naturalmente è un modo per tutelare i consumatori che dunque non vedono i prezzi delle merci aumentare. Tuttavia, se ciò va a discapito della piena occupazione è un danno per le persone. L’obiettivo numero uno che dovrebbe porsi l’Europa non è la stabilità dei prezzi, ma la piena occupazione, anche se ciò comporterebbe un forte aumento dei prezzi. D’altronde, negli anni ’80 i tassi dei mutui erano altissimi, ma le banche erano ben propense a investire nell’economia reale, oggi invece, come direbbe Giulio Sapelli, viviamo una deflazione secolare e nonostante i tassi bassissimi pochi giovani e piccole imprese riescono ad accedervi.
Scegliere tra diritti sociali e diritto allo shopping, tra piena occupazione e stabilità, tra società e economia significa fare scelte politiche e non è detto che dando priorità alle prime si danneggino le seconde, anzi.
Nato nel 1993, felicemente piemontese. Dopo gli studi di ragioneria, mi sono addentrato in quelli di Lettere, conseguendo la laurea triennale. A breve, arriverà anche il titolo magistrale.