Chiara Gribaudo Partito Democratico: «Abbiamo fatto molto per la ripresa economica»
Chiara Gribaudo, deputata eletta nella circoscrizione Piemonte 2 per il PD. Nel 2015 viene nominata Vicecapogruppo alla camera. Da luglio 2017 è Responsabile Nazionale del Dipartimento Lavoro PD. Si ricandida nel collegio plurinominale.
In questa campagna in cui si è promesso tanto due proposte spiccano più delle altre: da un lato l’introduzione della Flat Tax da parte del CDX e dall’altro il Reddito di cittadinanza del M5S, due misure di rottura che si configurano come delle vere e proprie manovre economiche. Meno chiara è la posizione del PD. Quale misura proponete per rilanciare economia e lavoro?
Il Partito Democratico per la ripresa economica ha già fatto molto: il Jobs Act, il piano Industria 4.0, gli investimenti in infrastrutture, in edilizia scolastica, nella banda larga. Il Paese si è rimesso in moto, non lo diciamo noi ma i dati del PIL e dell’occupazione. Per i prossimi cinque anni abbiamo una pluralità di temi su cui lavorare, le cito ad esempio l’abbassamento del prezzo dell’energia che per le aziende è un tema importante, ma lo shock che vorrei realizzare è l’aumento dei salari e la parità salariale fra uomini e donne. C’è un pilastro del Jobs Act, le politiche attive del lavoro, che ne rappresenta la parte più importante per il futuro del Paese, da implementare e potenziare. Intendiamo estendere gli 80€ alle partite IVA, creare un assegno universale per le famiglie con figli e nuove detrazioni sull’affitto per i giovani che vogliono uscire di casa. Insomma, vogliamo tagliare le tasse alle famiglie, non ai milionari.
Il Jobs Act è ancora una legge valida per creare occupazione? Per i detrattori la maggiore flessibilità introdotta si traduce in un aumento della precarietà e ad essa si dovrebbe il recente incremento della occupazione più che agli sgravi previsti dalla legge.
Il Jobs Act ha creato 500.000 posti di lavoro a tempo indeterminato e 600.000 a tempo determinato: sono molti, ma non siamo soddisfatti. Per favorire maggiormente il lavoro stabile proponiamo un taglio di 4 punti del cuneo fiscale, perché sia sempre preferibile rispetto al lavoro a termine, sul quale invece vogliamo introdurre un incentivo alla trasformazione in tempo indeterminato. Per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro abbiamo costruito un forte sistema di incentivi con le ultime leggi di bilancio, con uno sgravio contributivo al 50% sui contratti stabili per gli under35 nel 2018 e per gli under30 dal 2019, e uno sgravio totale entro i 3000€ per coloro che vengono assunti nelle aziende dove hanno svolto alternanza scuola lavoro o tirocini universitari. Vogliamo rafforzare questo sistema con maggiori servizi all’orientamento e al job placement, che partano fin dalla terza media per dare
Qualora riusciste ad andare al governo qual è la prima cosa che fareste?
Introdurremmo il salario minimo legale, tra gli 8 e i 10 euro l’ora, per i lavoratori che non hanno contratti collettivi di riferimento e che ad oggi vengono pagati pochi spiccioli per ogni tipo di mansione, come i fattorini che consegnano pasti a domicilio in bicicletta. Fra questo e gli impieghi più vari, si tratta di due milioni di persone in Italia, spesso precarie e senza alcuna tutela sulle loro buste paga. Così come abbiamo intrapreso un percorso per l’equo compenso nel lavoro autonomo, dobbiamo garantire questo diritto universale nel lavoro dipendente. Non abbiamo bisogno solo di più lavoro, ma di più qualità del lavoro.
Il modello Minniti ha effettivamente ridotto il numero degli sbarchi di migranti, tuttavia ha ricevuto critiche soprattutto da sinistra. Una volta al governo continuereste con questa linea? E come fareste se tra la maggioranza ci fosse + Europa della Bonino che invece è fortemente contraria?
Il modello Minniti non è solo riduzione degli sbarchi, calati effettivamente del 70%, ma anche cooperazione internazionale e apertura di canali legali di immigrazione per coloro che effettivamente fuggono da situazione di guerra e violenza. Questa è la linea che continueremmo al governo, assieme ad un cambiamento delle regole europee che veda una maggiore condivisione dell’accoglienza, con il dovere di tutti i paesi membri di partecipare alla redistribuzione dei migranti e alle spese di gestione di questo fenomeno epocale. Per quanto riguarda gli alleati, quando si governa insieme si cerca una sintesi: di fronte a procedure che garantiscano la sicurezza del Paese e il rispetto di diritti umani e norme internazionali, credo che non possano esserci forti disaccordi.
Legge Fornero. Da mantenere o da cambiare? Se sì, in che modo?
È già cambiata e non viene ricordato mai abbastanza. Abbiamo scardinato il principio cardine della Fornero: che i lavoratori fossero tutti uguali indipendentemente dalla gravosità delle loro mansioni. Per 15 categorie usuranti abbiamo bloccato l’aumento dell’età pensionabile e dato accesso all’Ape social assieme ad altri casi di disagio sociale. Abbiamo introdotto facilitazioni per le madri lavoratrici, aperto all’anticipo pensionistico volontario, salvaguardato 90.000 esodati. Per il futuro, partiamo da una novità di questi giorni: la possibilità di cumulo gratuito fra i contributi versati in gestioni previdenziali diverse, resa onerosa dal centrodestra, sulla quale si è trovato da poco l’accordo fra INPS e casse professionali dopo le indicazioni del Parlamento. È il primo passo per realizzare un punto importante del programma del PD: la pensione di garanzia per i giovani, affinché nonostante le carriere discontinue di molti, tutti possano avere un assegno dignitoso quando andranno in pensione. Dobbiamo pensarci oggi, perché rimandare di nuovo a domani i problemi dei giovani significa non affrontarli mai.
Europa e Austerity. Il CDX e il M5S vogliono incrementare la spesa pubblica e propongono di superare il limite del 3%. L’Europa non è d’accordo ma i passati programmi di austerità non hanno ridotto il debito pubblico. Il PD come si pone a riguardo?
Non mi sembra una buona idea aumentare indiscriminatamente la spesa pubblica in un Paese che ha il 132% di debito pubblico sul PIL: significa aggravare ancora il peso sulle spalle dei giovani. In questi anni abbiamo lottato in Europa per mettere fine all’austerità, ma questo non deve tradursi in irresponsabilità: noi vogliamo “tornare a Maastricht”, ovvero alla possibilità di spendere pienamente quel 3% di deficit per investimenti strategici che supportino la crescita del nostro Paese abbattendo così il debito. Inoltre, vogliamo che venga creato un budget comune europeo per gestire crisi come quella che abbiamo appena superato; vogliamo che vengano emessi Eurobond per finanziare progetti su capitale umano, ricerca e infrastrutture. È indispensabile ormai coordinare una parte delle politiche economiche dell’eurozona perché casi come quello della Grecia non possano ripetersi mai più: per farlo serve un Ministro delle Finanze europeo. Soprattutto, dobbiamo rendere l’Europa più democratica: il PD lavorerà nei prossimi anni affinché il Presidente della Commissione venga eletto direttamente dai cittadini europei.
Nato nel 1993, felicemente piemontese. Dopo gli studi di ragioneria, mi sono addentrato in quelli di Lettere, conseguendo la laurea triennale. A breve, arriverà anche il titolo magistrale.