Cittadinanza: a Padova una «passeggiata» per lo ius soli
Il possesso di una cittadinanza non ha per tutti lo stesso significato. Se per chi ce l’ha, la cittadinanza è cosa scontata, un’etichetta di cui si dispone dalla nascita, un diritto talmente ovvio che neanche se ne comprende a fondo l’importanza, per qualcun altro è il desiderio di un riconoscimento di una grande parte di diritti civili e politici da un lato, ma anche la costruzione di un’identità dall’altro.
In Italia, la legge sulla cittadinanza (legge n.91 del 5 febbraio 1992) prevede il così detto ius sanguinis, il diritto cioè a ottenere la cittadinanza italiana soltanto nel caso in cui almeno uno dei due genitori sia cittadino italiano, una sorta di trasmissione del diritto per sangue. Ecco che si pone il problema per tutti coloro che, figli di immigrati, sono nati e cresciuti in Italia, magari non hanno mai vissuto in altri paesi, hanno frequentato scuole italiane, ma che di fatto, non detengono gli stessi diritti dei coetanei. Non avere la cittadinanza significa non essere titolari dei più basilari (ma tutt’altro che banali) diritti civili e politici, significa vivere in un paese ma non farne del tutto parte, significa essere italiani, ma solo a metà.
Nel 2015 è stata approvata una riforma della legge sulla cittadinanza che sostituirebbe lo ius sanguinis con il cosiddetto ius soli, il diritto cioè di cittadinanza per tutti coloro che nascono nel territorio italiano. Il problema di questa riforma, necessaria, moderna e portatrice di maggiori diritti, è che dopo essere stata approvata con una maggioranza schiacciante alla Camera (310 voti favorevoli, 83 astenuti e 66 contrari) è bloccata in Senato dall’ottobre 2015, per l’opposizione soprattutto della Lega Nord.
Non è ammissibile che «a causa dell’immobilismo politico si ostacolino la vite delle nuove generazioni italiane» e che «8mila emendamenti blocchino oltre 800 mila italiani». Così recitano infatti solo alcuni dei manifesti promossi dall’organizzazione padovana «Arising Africans» in collaborazione con la Rete Nazionale degli Italiani Senza Cittadinanza che per questo hanno promosso per il prossimo martedì 28 febbraio una «Passeggiata della cittadinanza», una sorta di corteo che attraverserà la città di Padova per chiedere a gran voce che la riforma venga «sbloccata dal suo immobilismo» e finalmente approvata.
Sara Carucci, di «Arising Africans», ci spiega che «questa iniziativa nasce sulla scia della collaborazione con la Rete Nazionale degli Italiani Senza Cittadinanza con cui era nata l’idea di creare il così detto «Febbraio della Cittadinaza»: ogni martedì di febbraio, a Roma, si sono svolti sit-in per l’approvazione dello ius soli. Abbiamo poi deciso di creare un evento a sé anche a Padova, a seguito di numerosi episodi di razzismo sfociato anche nella violenza, che hanno caratterizzato la nostra zona. Pertanto, l’iniziativa nasce anche come tentativo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, non operando solo “distanti” a Roma ma anche a livello locale, più vicini a noi».
Ci sono state delle difficoltà e delle «opposizioni» per quanto riguarda l’organizzazione?
A livello tecnico siamo stati abbastanza fortunati perché non abbiamo avuto forti difficoltà, se non qualche resistenza di funzionari e responsabili al termine «corteo» che quindi abbiamo trasformato in una «passeggiata della cittadinanza». Forse la difficoltà maggiore non risiede nell’organizzazione ma più nella consapevolezza sulla questione perché è un tema politico e giuridico, sul quale bisogna avere delle conoscenze per poterne parlare e sul quale quindi è difficile giungere a una trasversale approvazione.
Cosa significa non avere la cittadinanza?
Per far capire a fondo cosa significa mi viene in mente un esempio pratico. Abbiamo sentito una storia di un ragazzo serbo, nato e cresciuto in Italia, che tre anni fa è stato costretto a vivere per 10 giorni al Cie (Centro Identificazione ed Espulsione) di Bari perchè non aveva fatto la domanda di permesso di soggiorno e quindi per lo Stato risultava clandestino. Queste sono alcune delle difficoltà a cui vanno incontro gli italiani senza cittadinanza.
E cosa significa essere cittadini italiani?
Questa è una domanda difficile. Al di là delle questioni pratiche, come la possibilità di iscriversi a concorsi pubblici, a livello più ampio significa avere la possibilità e il diritto di potersi riconoscere come membro attivo della comunità dove nasci cresci e giungi, dove ti riconosci. Significa avere la possibilità di non solo creare potenziale culturale e umano all’interno della comunità ma anche di poter godere degli stessi diritti, che sono privilegi, delle persone con cui cresci.