Claudio Magris – Non luogo a procedere

Non luogo a procedere
Claudio Magris
Garzanti – 2015 – 20 euro

downloadClaudio Magris, duca di Secunda Mano del Regno di Redonda, è un nome e una garanzia. Almeno per tutti quelli che da lettori lo seguono da tempo e, a dare un’occhiata alle vendite, non sono poi così pochi. Prima magari leggendo solo i suoi saggi sulla letteratura asburgica (da non perdersi assolutamente Il mito asburgico. Umanità e stile del mondo austroungarico nella letteratura austriaca moderna e Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale), poi sul Corriere della Sera (con tutta una serie di articoli in seguito raccolti e ristampati in più volumi) e quindi sulle pagine dei suoi romanzi. Dal primo, breve ma incredibile, Illazioni su una sciabola a quest’ultimo Non luogo a procedere. A Magris, la Mondadori ha dedicato pure un volume dei suoi Meridiani ed è già quasi pronto il secondo. Medaglie, queste, che non tutti si possono permettere. Per non parlare poi di Xavier I, ultimo sovrano di Redonda, che nel 2003 l’ha nominato duca del suo regno, per tutto ciò che aveva scritto fino ad allora. All’appello mancavano una decina di saggi, che sarebbero venuti poi, e tre storie ancora da raccontare: Alla cieca, Lei dunque capirà e questo Non luogo a procedere. L’ultima sua fatica letteraria, che gira attorno a un personaggio esistito davvero. Un’archivista della guerra che, per tutta la vita, aveva raccolto armi, appunti, elmetti, proiettili, pugnali, baionette, sciabole che avevano insanguinato la vita degli altri, per farne poi un museo a Trieste. Non in nome della guerra, ma per far capire alla gente quanto ci stiamo portando dietro, fin dal giorno che siamo nati. Di ogni arma, il narratore di Magris ci racconta la sua storia e di chi l’ha usata. E a leggere queste pagine sembra di scendere all’Inferno. La violenza s’accavalla, riga dopo riga, e alla fine si ha l’impressione che da tutto questo orrore non si possa scappare. Siamo condannati a viverci assieme. La Storia siamo noi, cantava De Gregori invitandoci ad andare avanti. Qui però, in queste pagine, la Storia ha l’alito cattivo. È solo una discarica di rifiuti che ci uccide, ci ferisce e che ci tiene aperte le ferite. Come quella della Risiera di San Sabba, la prova generale dell’inferno, il lager di Trieste col suo forno crematorio ancora in funzione quando il nazismo era ormai finito e a Hitler mancavano solo pochi giorni prima di togliere finalmente il disturbo. Finita la guerra, nessuno ne voleva più parlare di questo orribile posto. In molti che erano finiti a letto con i nazisti adesso s’erano rifatti una vita nuova e nessun processo servì a condannarli, lasciando così un’altra ferita aperta. Che brucia e che non ci lascia ancora dormire in pace.