Colpire i più poveri non aiuta l’ambiente

Abbiamo già visto, in questo blog, come la scintilla scatenante della protesta dei gilet gialli francesi sia stata la previsione di aumentare le accise sui carburanti tradizionali, allo scopo di dare incentivi e sgravi a chi acquista mezzi meno inquinanti. Una proposta simile, nel bel mezzo delle proteste in terra francese, è arrivata anche in Italia facendo discutere per diversi motivi.

È noto che la pianura Padana è tra le primissime zone più inquinate d’Europa, anche a causa della sua conformazione geologica. I giorni scorsi, infatti, tutte le grandi città del nord, dal Piemonte al Veneto, hanno alzato l’allerta smog da verde ad arancione, che comporta il blocco totale dei veicoli fino ai Diesel Euro4: non pioveva da qualche giorno e le soglie degli elementi inquinanti (in particolare l’indice PM10) erano ben sopra i limiti. Questi avvenimenti hanno dato l’occasione al Governo gialloverde di presentare una prima proposta, peraltro presente nel famoso contratto scritto a fine Maggio scorso, per dare incentivi a chi acquista un’auto elettrica.

Per l’anno che si sta chiudendo, il 2018, non erano previsti fondi che andassero a coprire questi investimenti; la prima e ultima volta che si sono visti incentivi statali del genere nel nostro territorio è stato nel triennio 2013-2015, previsti  dal Decreto Crescita del 2012, che comprendeva oltre alle auto elettriche anche quelle a basse emissioni di CO2 (gas, metano, idrogeno, per fare qualche esempio).  A oggi si può contare, per le auto elettriche, sull’esenzione del pagamento del bollo o su altre misure disposte a livello locale, come il parcheggio gratuito sui tanto odiati parcheggi blu. È altrettanto vero, però, che se si diffondesse l’uso di questa tipologia di auto si può prevedere che questi sotegni andranno progressivamente a ridursi.

Dopo l’annuncio di poche settimane fa, con l’approvazione già avvenuta alla Camera, ma consapevoli di una Manovra da riscrivere quasi in toto al Senato, si sono verificate subito levate di scudi sia dei consumatori sia dei produttori. Il problema è che per incentivare l’acquisto di auto elettriche (fino a 6000 euro per un top di gamma, che è comunque costoso) si andrebbe a mettere una sovrattassa sull’acquisto delle auto più inquinanti, mettendo in difficoltà famiglie che, nonostante gli incentivi, non arriverebbero a permettersi un’auto elettrica. Da parte loro i produttori, invece, denunciano una possibile perdita di posti di lavoro.

Il Governo, dopo le prime rimostranze, ha parzialmente fatto un passo indietro: Salvini dice che negli anni in cui sarà al Governo non metterà nessuna nuova tassa, mentre qualcuno più possibilista pensa di trovare un accordo sull’introduzione di un sovrapprezzo per le macchine oltre una certa cilindrata, in modo da andare a colpire i Suv di chi, si presume, abbia abbastanza disponibilità economica.

Non sappiamo ancora se l’accordo verrà raggiunto e di che tipo sarà, neanche se queste misure basteranno a finanziare tutti gli incentivi. Sicuramente andare a colpire il ceto più povero della società non porterà grandi rivoluzioni energetiche né consensi, tantomeno avremo miglioramenti sul piano ambientale. Per respirare aria migliore serve un piano strutturale molto più ampio, che comprenda soprattutto i vecchi impianti delle caldaie nelle città, i quali contribuiscono all’inquinamento molto più delle auto.