Come capire la purezza dell’acqua?
Durante una passeggiata in campagna, una gita in collina o per i più fortunati nel boschetto dietro casa, ci siamo spesso imbattuti in specchi d’acqua dolce o abbiamo attraversato un ruscello. Spesso si è portati a giudicare con un’occhiata veloce se l’acqua sia o no pulita, in base a quanto è limpida, o alla presenza, purtroppo ormai inevitabile, di rifiuti sulle rive.
Ma da cosa possiamo evincere se effettivamente quel laghetto o quel rigagnolo siano puri? Per gli esploratori non attrezzati con rilevatori di acidità o di conducibilità, a sentire gli ecologi sono sufficienti gli occhi, un retino e un po’ di pazienza e attenzione. Senza guardare i numeri sul display di una sonda, dobbiamo guardare le specie di invertebrati presenti. Più ce ne sono, più la possibilità che l’area non sia contaminata cresce; in fondo l’equazione è basilare: ambiente pulito uguale vita che prospera. Questo tipo di approccio analitico fa riferimento all’indice biotico: a seconda delle specie presenti in prossimità o all’interno del bacino o torrente, si stabilisce un valore alla qualità dell’acqua che vi è contenuta. Un’analisi grossolana può essere effettuata già solo verificando la presenza di libellule: durante la stagione di accoppiamento, le femmine depongono le uova in acqua e le larve vi rimangono fino all’ultima metamorfosi, quando passano alla vita aerea grazie allo sviluppo delle ali. Solo in acque molto pulite questo è possibile. Le zanzare al contrario sono molto più resistenti, le loro larve crescono anche in bacini caratterizzati dall’accumulo di tossine o prodotti chimici, in quanto restano in superficie: gli scarti solidi hanno una densità maggiore dell’acqua e si accumulano sul fondo. In sintesi, sono un parametro inaffidabile, oltre che fastidioso. L’unica variabile che può modificare la loro presenza è la temperatura dell’ambiente: quando è calda, le uova schiudono prima e le zanzare aumentano.
Anche i molluschi sono usati come bioindicatori, ma purtroppo la loro presenza non basta a rassicurare, bensì bisogna approfondire controllandone lo stato di salute: le chiocciole d’acqua possono per esempio resistere anche all’accumulo di metalli pesanti fino a un certo limite. Non possono però resistere in acque acide, poiché questo danneggia e rende debole la loro conchiglia, e anche questo è un indizio importante. Qualora queste spariscano il bacino è da considerarsi gravemente contaminato.
L’indagine professionale prevede un prelievo di campione dal fondo e poi un duro lavoro di ricerca delle larve presenti, seguita da un’accurata classificazione. Lungo, ma dai risultati espliciti. Chi vuole cimentarsi?
Laureata in Biologia all’Università di Padova, mi occupo di didattica ambientale al WWF. Attualmente studio per la magistrale.