Il conformismo trionfa sulla libertà

apocalisse10

Una banda di inetti occupa abusivamente, dopo che è stato giudicato incostituzionale il porcellum ossia il modo con cui sono arrivati lì, la stanza dei bottoni. È questa stessa banda di inetti a dirci di attendere: la crisi è finita, spendete in pace. La medesima combriccola ci dà il contentino quando, purtroppo per loro, si deve passare attraverso le urne per decidere qualcosa. Davanti a questa masnada di arrivisti un’innumerevole orda di qualunquisti che non vedono l’ora di ricevere comandi da un uomo solo, automi che non sanno cosa sia una democrazia o che sono inconsapevolmente antidemocratici: non c’è dibattito senza insulti, non c’è sopportazione che possa finire, non c’è argomentazione senza generalizzazione: un unico calderone in cui cascano inesorabilmente tutti, governanti e governati, in un’orgia di ignoranza che rende anche noi pericolosamente vulnerabili. Lode e gloria a chi cerca di cambiare qualcosa in una situazione di tale grigiore e appiattimento, lode e gloria ma anche compatimento: solo un ingenuo potrebbe pensare di portare una novità in un paese che sembra sempre di più il regno del tristemente celebre Louis XVI: la patria del conservatorismo più cieco e becero.
Stiamo celebrando la morte senza resurrezione delle individualità sacrificate sull’altare della buia essenza del corporativismo e del collettivismo: non esiste più uomo senza appartenenza, è la triste morte dei «cani sciolti» che, nel bene o nel male, hanno sempre partecipato attivamente ai grandi mutamenti della Storia. Auspicare una rivoluzione? Non servirebbe a nulla: nessuno è così coraggioso da farla sapendo che una restaurazione seguirà il cambiamento.
Rimaniamo noi, ultime anime libere in un mondo di conformismo e ipocrisia. Quale che sia il nostro compito non possiamo fare altro che resistere se non vogliamo piegarci al tempo che genuflette anche i più ostinati. Non possiamo evitare, se non vogliamo condannarci fino alla morte all’impietoso lamentevole canto della nostra coscienza, di irridere i potenti che cambiano cadrega solo per assicurarsi per qualche anno il proprio angolo di sovranità, di sbeffeggiare i folli e gli insicuri che acquistano coraggio solo con l’appartenenza a un gruppo. È forse questo il nostro compito, in attesa della fine del tempo? A questa domanda è difficile rispondere: nessuno, fuorché forse Dio, può avere una visione d’insieme così grande da capire dove stiamo andando. Noi proseguiamo, insieme a quei pochi illusi che ci seguono e ci incoraggiano, nel nostro lavoro, contro ogni realismo, sperando – forse invano – che la libertà trionfi finalmente sull’indifferenza.