Confronto tra libere opinioni: la settimana della Voce

Durante la settimana che sta per concludersi, la redazione de La Voce che Stecca è stata attraversata dalla polemica imperante, specialmente in Rete, sulla liceità di Green Pass e sull’efficacia della gestione dell’evento pandemico, grazie alla pronta risposta del vicedirettore Tito Borsa a un articolo del nostro autore Mohamed Niang, che rilevava alcuni paralleli tra la discriminazione dei No Vax e quella degli Ebrei durante il periodo nazista. Siccome è stata ventilata l’ipotesi della rimozione del contenuto, reputo sia necessario espormi in prima persona in quanto Direttore per chiarire la cosiddetta linea editoriale della Voce. Ovvero: promuovere il confronto tra libere opinioni.

Ammetto di aver dovuto operare una riflessione prima di pubblicare quell’articolo. Non tanto per via del paragone che contiene, a mio avviso esagerato e fuori luogo, ma non quanto molti altri, spesso rilanciati e sostenuti anche dalla stampa mainstream. A crucciarmi erano piuttosto i criteri su cui basare l’accettazione o meno del contenuto.

Differenza tra falso e altamente opinabile

I fatti e i dati incontrovertibili, nel limite del progresso attuale delle nostre conoscenze, esistono, che piaccia o meno ai singoli individui. Uno di essi è la presenza di una pandemia causata da un virus altamente infettivo e mutevole, la cui azione può essere mitigata, con risultati variabili, grazie a una diffusa campagna vaccinale. La stragrande maggioranza della comunità scientifica, i cui massimi rappresentanti non sono certamente i saltimbanchi da talk show che affermano tutto e il contrario di tutto per riempire i palinsesti, concorda su questi punti, che dunque vanno considerati validi fino a prova contraria. D’altro canto, ogni attività di massa comporta una percentuale minoritaria d’irriducibili contrari, che la rifiutano per le più svariate motivazioni. Tale percentuale di devianza è un fenomeno sociologico ricorrente, prevedibile e inevitabile, con cui esistono infiniti modi di fare i conti. Si tratta di una verità che esula dal campo biologico, ma non per questo meno scientifica, dunque non liquidabile con un semplice: «Chi discorda è in (un) errore».

Ecco perché ha senso pubblicare un articolo di segno opposto, che getta ombre piuttosto oscure sul processo sanitario in atto, oltre ad attaccare la parte in causa più supportata dalle evidenze, che in virtù di ciò si arroga la ragione. Inoltre Niang, nel presentare i suoi rilievi e le sue analogie, ha portato delle argomentazioni coerenti con il suo punto di vista, non ha direttamente offeso nessuno e non ha sconfinato in considerazioni tecnico-scientifiche che non gli competono. Inoltre, ha raccontato di alcuni comportamenti di criminalizzazione e di scarico di responsabilità che, soprattutto a livello di comunicazione politica e di opinione pubblica, sono oggettivamente presenti. Non ha messo in dubbio fatti o dati conclamati, bensì aperto a un confronto tra libere opinioni. In caso contrario, sarebbe stato invitato a correggere eventuali numeri non corretti, oppure il suo articolo non avrebbe visto la luce.

Anche nel caso di tale scenario, prima di tirare in ballo persecuzioni e regimi totalitari, bisognerebbe ragionare sulla vera natura della nostra forma di governo:

È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora.

Winston Churchill

Dividere la scienza dalla politica

Per quanto ridotte al minimo, alcune forme di coercizione e di limitazione dell’autodeterminazione individuale sono attuabili anche sotto democrazia, se ritenute fondamentali per tutelare un diritto quale la salute pubblica, oppure la corretta informazione. Infatti, ciò che disturba la maggioranza dei critici della linea governativa, siano essi pro o contro i vaccini di per sé, è la maniera ingannevole con cui si cerca di far passare un obbligo mascherato per una libera scelta, sommando la minaccia della riprovazione sociale alle limitazioni oggettive in caso di rifiuto. Questa non è scienza, ma strategia sociopolitica allo stato puro, e ha senso discuterne, perché rientra in un ambito in cui certezze non ce ne sono, se non che invadere in forze la Russia non porta mai a niente di buono.

Niang doveva essere pubblicato perché ha espresso e argomentato un’opinione, verso la quale, per quanto estrema o fuori luogo possa essere, non va mai riservato un trattamento concettualmente violento come la censura preventiva. Semmai, la sua tesi va contestata se non poggia su basi solide. Avversata, se contrasta con il proprio modo di vedere le cose. Smentita, se le prove che la squalificano sono molte e schiaccianti. Ma è necessario che venga prima espressa, perché è proprio tramite raffronti e discussioni tra visioni diverse che si origina e si raffina il pensiero.

Confronto tra libere opinioni: il mio contributo

Sono dunque felice che la querelle abbia preso la piega che come Voce che Stecca auspichiamo, ovvero quella del confronto tra libere opinioni, meglio se costruttive e debitamente argomentate, a cui invito autori e lettori a contribuire se lo ritengono opportuno. Cosa che nel corso dell’articolo non ho mancato di fare io stesso e non mancherò di fare in futuro, in quanto il mio ruolo di revisore e la responsabilità, anche legale, di un portale d’informazione, è vigilare sulla correttezza formale e sostanziale delle affermazioni e degli argomenti, non squalificare determinate opinioni a favore di altre.

Completando il mio pensiero sull’analogia portante dell’articolo di Niang, concordo in pieno con Borsa quando afferma nella sua risposta che le limitazioni aggiuntive della libertà individuale che colpiscono un No Vax di oggi non sono paragonabili a quelle del secolo passato perché avvengono come conseguenza di una libera scelta dell’individuo. Il paragone più azzeccato è perciò quello con un ubriaco beccato alla guida, o con qualcuno che si mette a fumare in un locale pubblico, più che con un ebreo in epoca nazista, il quale non aveva modo di redimersi dal comportamento, in quel caso condizione di nascita, che lo escludeva socialmente. Se proprio si intende ammantare di stoicismo e nobiltà il rifiuto della vaccinazione, lo può accomunare a un atto di disobbedienza civile, il quale tuttavia non si risolve nella semplice riottosità e acquisisce un senso soltanto quando le sue conseguenze vengono affrontate lucidamente e sopportate con cognizione di causa.

E no, chiudersi in gabbia, gettare via la chiave, incensarsi in quanto difensore della libertà per poi prendere l’attimo dopo a sbraitare di essere stati rapiti dal vicino, che magari porta pure un baffetto sospetto, non rientra nella casistica.