Conosciamo solo il 5% della materia esistente. Come studiare il resto dell’universo?
Nell’Aula Magna dell’Università di Padova, a Palazzo del Bo, si è tenuto, nell’ambito del Cicap Festival svoltosi questo weekend, un incontro con Roberto Battiston, ex Direttore dell’Agenzia Spaziale Italiana, e la Professoressa di Fisica Lucia Votano, famosa per i suoi studi delle astroparticelle. Hanno unito i racconti per dare alcune nozioni, in circa un’ora, su com’è fatto l’universo e su come l’uomo si stia muovendo all’interno di esso.
Le origini
Le domande più ricorrenti, che l’uomo si è sempre posto fin dall’antichità, sono queste: cosa c’è nell’universo? Qual è il destino del futuro dell’uomo? Di cosa è fatto il mondo?
Il momento in cui si è creato l’universo viene tutt’ora definito dagli studiosi come «singolarità», ad indicare proprio la poca conoscenza di quanto accaduto. Nei primi tre minuti dopo quello che comunemente chiamiamo Big Bang, il plasma di particelle che si è creato ha iniziato ad avere massa propria, con la comparsa di neutroni e protoni. Sappiamo, ad oggi, che la materia è creata da piccole particelle: quelle elementari sono dodici, tra cui troviamo i quark (che combinati tra loro formano appunto i protoni e i neutroni) e gli elettroni. I primi raggi di luce, invece, risalgono a circa 380mila dopo l’inizio: Penzias e Wilson, nel 1978, hanno vinto il Nobel per la Fisica per la scoperta della radiazione cosmica di fondo, che ha consentito di «fotografare» la struttura dell’Universo in quel periodo.
Metodi di studio
Il primo strumento di studio sono state le onde elettromagnetiche, rese efficaci da Hertz nella seconda metà del XIX secolo, dopo diverse osservazioni degli scienziati nei due secoli precedenti. Grazie alla rilevazione delle radiazioni è stato possibile iniziare a ricostruire l’evoluzione dell’Universo. Più recentemente, invece, è stata rilevata la presenza dei neutrini: la loro sorgente naturale è il sole, ma sono stati rilevati anche su una Supernova nel 1987, e si possono definire come particelle che hanno acquistato pochissima massa: infatti interagiscono solo con una forza nucleare debole e con la forza gravitazionale. Riescono, quindi, a trapassare qualsiasi corpo senza essere minimamente fermati. Sono stati rilevati per la prima volta da Fermi, ma scoperti vent’anni dopo (1956) da Cowan e Reines tramite un’esperimento di fissione nucleare. Queste particelle permettono di andare a scavare ancora più indietro nello studio della vita dell’Universo.
Pochi anni fa, nel 2015, è stata misurata anche la presenza delle onde gravitazionali, teorizzate da Einstein. Esse sono un altro grande strumento, che sicuramente farà da apripista ad altre scoperte importanti nel prossimo futuro.
Questi elementi vengono studiati nei grandi laboratori, esclusivamente in assenza di luce: sono stati citati due tra i centri importanti d’Europa. Il primo è il Cern di Ginevra, che vanta un acceleratore di particelle di 27 km di circoferenza a 100 metri di profondità, con quattro zone di interferenza in cui si fanno letteralmente scontrare le diverse particelle, per studiarne gli effetti. Il secondo ce l’abbiamo più vicino, in Italia, sotto il Gran Sasso: anche qui si compiono esperimenti di caratura internazionale.
Conosciamo comunque solo il 5% della materia esistente: il 25% degli elementi vengono classificati come «materia oscura», mentre il 70% è definita addirittura «energia oscura».
Missioni recenti e future
Dal 2000 la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) orbita sopra le nostre teste. Il progetto coinvolge USA, UE, Russia, Giappone e Canada. Prima, infatti, si lavorava separatamente, ma per convenienza anche economica si è iniziato ad unire le forze. I lanci più importanti, oltre alle navicelle Apollo arrivate sulla Luna, sono i recenti Falcon 9 e Falcon Heavy, che hanno visto recuperare rispettivamente uno e tre stadi (pezzi del razzo), tra cui i motori, con un ritorno a terra sorprendente.
Per il futuro, invece, l’amministrazione Trump sta già riprogettando il ritorno sulla Luna, si pensa per il 2024, magari con un’astronauta donna. Non è chiaro se sia solo propaganda o se l’intenzione sia seria, dipende anche dall’esito delle elezioni del 2020. L’idea di far arrivare l’uomo su Marte, invece, affascina di più: il Pianeta Rosso è però molto distante e, salvo eventi inaspettati, ci vorranno ancora decenni.
Un ruolo sempre maggiore nelle missioni spaziali lo stanno avendo i privati: non a caso le ultime due missioni citate sopra sono opera di Musk che, con la sua SpaceX, sembra essere già proiettato verso il viaggio marziano.
Difficoltà
Riprendendo alcuni punti già in parte citati, si può dire che ci sono tre ostacoli principali. Ingegneristico: Battiston ha ricordato che lo stesso Luca Parmitano, ora capo missione alla ISS ha rischiato di morire annegato, per una cannetta rotta dentro il casco. Questo per fare un piccolo esempio, c’è bisogno di ridurre i rischi al minimo e non è semplice. Economico: tra la costruzione e il lancio dell’Apollo 11, il bilancio federale USA ha impegnato il 7% del totale solo per quella specifica missione. Solo la ISS è costata oltre 150 miliardi di dollari. Infatti si sta iniziando a pensare a progetti che coinvolgano anche paesi emergenti come India e Cina, per avere contributi maggiori e unire le competenze. Politico: l’instabilità e il cambio di politiche, a livello globale, rende difficile portare a termine programmi iniziati. Per questo stanno emergendo i privati, che sviluppano progetti più nel lungo termine e con finanziamenti certi.
Nato a Padova il 15 giugno 1994.
Diplomato in ragioneria, attualmente iscritto alla triennale di Ingegneria dell’Energia nella mia città.
Sono una persona curiosa in molti i campi, dalle nuove tecnologie, in particolare quelle che riguardano l’ambiente, alla politica, passando per lo sport.