Contrasto alle baby gang: minori punibili già a 12 anni?

In queste settimane è stata presentato dalla Lega, alla Commissione Giustizia alla Camera, un disegno di legge riguardante l’abbassamento del limite di impunibilità dai 14 ai 12 anni, escludendo, inoltre, le premialità se i minori che hanno compiuto i reati hanno agito con l’aggravante dell’associazione. I parlamentari del Carroccio hanno giustificato la legge in questo modo: «Bisogna far passare il concetto che un minore di 12 anni non è più quello del passato. Le nuovi generazioni sono più precoci».

È vero, in Italia, su 7000 adolescenti, il 6,5% fa parte di una gang, il 16% ha commesso atti vandalici e 3 adolescenti su 10 hanno partecipato a scontri violenti. Luca Bernardo, Consigliere Nazionale della Sip ed esperto di tematiche giovanili, in un comunicato stampa del 2012, dichiara che il 75% dei bulli tra i 7 e i 14 anni risiedono in zone periferiche dove vivono la maggior parte della giornata, e il 95% di essi non pratica sport. Queste variabili, spiega, sono solo alcuni fenomeni che caratterizzano la nascita di quelle che oggi chiamiamo «Baby gang».

A riguardo di questa situazione abbiamo intervistato anche Simone Borile, linguista, antropologo, criminologo e docente di antropologia della violenza, che ha dichiarato: «L’inclusione all’interno di un gruppo violento non avviene mai per captazione, quando si parla di bande criminali giovanili. Esiste uno schema valoriale dissonante rispetto a quello proposto dalla società esterna e gli affiliati ne prendono atto condividendone modalità e contenuti. La violenza è strumento di riconoscimento del gruppo, integrazione e affermazione. L’agito è frutto di un «noi» e non più di un «io» individuale in cui la banda , struttura in modo gerarchico, ordina, dispone e controlla. La volontà di esercitare violenza è condivisa, promossa e legittimata dal gruppo».

Quando si corre maggiormente il rischio che si possano creare fenomeni di violenza come quelli che caratterizzano oggi le «baby gang»?

«C’è più probabilità che un ragazzo, non facente parte di un gruppo inclusivo, aderisca ad un gruppo violento solo per sentirsi incluso, rispetto a che un ragazzo, facente parte di un gruppo sportivo, possa far parte anche di altri gruppi violenti. E’ fondamentale che un ragazzo sia incluso in diversi gruppi, da quello scolastico a quello sportivo, affinchè si riduca la possibilità che possano aderire ad altre tipologie di gruppi violenti».

È molto importante che lo Stato agisca affinché determinati atti non si compiano più, ma allo stesso tempo deve far sì di introdurre dei sistemi di accompagnamento sociale che possano evitare delle escalation di violenza anche tra i minori.
Un atto da cui si può prendere esempio, riguardante un tema simile, è di sicuro il Reddito di Cittadinanza. Viene considerato, dalla prima forza di Governo, un supporto per famiglie o singole persone che non riescono a vivere dignitosamente. Purtroppo, soprattutto nelle regioni più povere, ci sono persone costrette a compiere atti illeciti pur di riuscir a comprare il necessario per arrivare a fine mese. Grazie al reddito di cittadinanza viene offerta la possibilità di vivere in modo più dignitoso e allo stesso tempo da poter contribuire alla rinascita della società di cui si fa parte, evitando così che chi vuole «sopravvivere», perché di questo si tratta, compia degli atti illeciti a causa del non intervento dello Stato.

Lo Stato, perciò, deve intervenire in modo ferreo quando, pur avendo creato un clima dignitoso all’interno della società, degli individui hanno deciso di delinquere per un proprio vantaggio personale, che va oltre a quello degli altri individui. Lo Stato, invece, quando punisce degli individui, per di più minorenni, senza aver dato loro la possibilità di svilupparsi all’interno della società, contribuisce alla nascita di due fenomeni: fa presumere a un ragazzo di essere lui il fallimento della sua vita; comporta il fallimento dello Stato stesso.
Per questo è importante punire gli adolescenti, anche dagli anni 12 se necessario, ma anche dar loro delle possibilità sociali per ciò che riguarda il vivere nel loro paese.

A pensare ad una maggior integrazione dei minori è stata invece la Camera Penale minorile, che ha depositato un progetto in Commissione Cultura, nel quale si prevede che il Tribunale per i Minorenni entri in contatto «con il minore a disagio e lo indirizzi verso un percorso di educazione, recupero, formazione, attività sportive e ludiche, propedeutico a un ingresso positivo nella vita sociale».
Fa molto onore alla Camera penale dei Minorile aver pensato ad un progetto come questo, peccato che verrà realizzato dal minore successivamente al compimento dei fatti illeciti, quando invece deve essere lo Stato a proporlo precedentemente agli atti ritenuti illeciti dallo Stato stesso.