Cosplay uguale Carnevale? Non è così

Anche se oggi spesso si confondono, il Carnevale e il mondo del cosplay sono due cose ben distinte.

Il primo ha origini antichissime ed è da collegarsi a un periodo dell’anno in cui è temporaneamente possibile rovesciare l’ordine delle cose e lasciarsi andare a scherzi, finzione, allegria e convivialità. In particolare, associato al culto cattolico, riguarda il momento precedente alla Quaresima, che è invece dedicato a riflessione, esame di coscienza, digiuno e silenzio. Durante il carnevale si può festeggiare e abbuffarsi per prepararsi poi a carne levare, cioè «levare la carne» e cercare di purificare corpo e spirito, in modo da poter accogliere il rinnovarsi della vita con la Pasqua.

Le maschere servono, dunque, a nascondere l’identità di chi compie scherzi o si comporta in modi normalmente non riconosciuti come consoni. Se, infatti, durante il Carnevale tutto è permesso, poi le azioni compiute rimangono nei ricordi, probabilmente associate a volti e nomi. In passato molte maschere tradizionali servivano anche a burlarsi di alcune figure mal viste o allegoriche di alcuni peccati e vizi: si veda la pigrizia di Arlecchino o la superbia del Dottor Balanzone. Anche oggi spesso si approfitta dei carri per rappresentare le caricature di politici e personaggi famosi. I difetti di tutti vengono pubblicamente dichiarati, ma avvolti da una sorta di protezione, in parte data proprio da costumi e decorazioni festive e in parte dovuta proprio all’essenza della festa: tutti sono coinvolti e nessuno viene risparmiato dal giudizio altrui, anche se scherzoso.

Veniamo ad un mondo che funziona in modo opposto : con il cosplay non si tratta di nascondere, mascherare o criticare con ironia, ma di mettere in mostra, far conoscere o sentirsi come dei personaggi. Un cosplayer si occupa di studiare un personaggio reale o di finzione, che solitamente lo affascina per i motivi più diversi. Può essere il carattere carismatico, la brillante intelligenza o magari lo stile eloquente o in cui si riconosce. Si può scegliere un eroe positivo classico o il suo altrettanto degno di stima antagonista, fatto sta che la cura del dettaglio diventa molto importante per metterne in luce le qualità o le particolarità che lo rendono tale. Se si vuol fare un lavoro accurato ed eventualmente partecipare alla relativa competizione, è molto utile anche lo studio dei movimenti e della personalità che caratterizzano il personaggio da imitare. Talvolta, addirittura uno studio della sua storia e una documentazione sulle sue «uscite in pubblico»: film, libri, serie, giochi e videogiochi. È necessario calarsi al meglio nei suoi panni per restituirne la più fedele rappresentazione e magari suscitare un interesse verso la conoscenza dell’originale. Si può praticare appunto per rendere ancora più famosa la figura che tanto interessa, o magari per spiegarne gli aspetti che la rendono ispiratrice o semplicemente per provare a sentirsi simili per un po’ di ore. Infine potrebbe rivelarsi come un’occasione per un gruppo di rafforzare il proprio senso di squadra, affidando ad ognuno un ruolo che lo rappresenti anche nella realtà oppure che ridicolizzi l’estremo stereotipo in cui il personaggio è stato inquadrato.

Insomma, in entrambi i casi si vestono panni diversi dai soliti, ma nel primo caso lo si fa più per presa in giro o esorcizzazione di difetti propri o altrui, mentre nel secondo si esaltano o comunque mostrano qualità o tratti distintivi.