Il Cristo umano di De André

In occasione dei 17 anni dalla morte di Fabrizio De André (11 gennaio), considerato dai più il più grande cantautore italiano di tutti i tempi, ogni settimana analizzeremo – senza pretesa di esaustività – i 13 album in studio dell’artista genovese: da Volume I ad Anime Salve, dal 1967 al 1996.

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«Compagni, amici, coetanei, considerarono quel disco anacronistico. Non avevano capito che La buona novella voleva essere un’allegoria che si precisava nel paragone fra le istanze migliori e più sensate della rivolta del ‘68 e le istanze, da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate, ma da un punto di vista etico-sociale direi molto simili che, 1969 anni prima, un signore aveva fatto contro gli abusi del potere, contro i soprusi in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universale. Si chiamava Gesù di Nazareth e secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi». Così De André commenta il suo quarto lp, La buona novella, pubblicato nel 1970 con la collaborazione di Giampiero Reverberi e Roberto Dané. Un’opera unica che inizia con Laudate Dominum e si conclude con Laudate Hominem, dove viene messo in risalto l’aspetto umano di Cristo. Basata sui vangeli apocrifi, La buona novella racconta la storia di Gesù vista da lontano: si inizia con Maria che, giunte le mestruazioni, viene espulsa dal tempio perché ritenuta impura ed è quindi comprata all’asta da Giuseppe, «falegname per forza, padre per professione»; costretto a rimanere cinque anni fuori dalla Giudea, l’uomo torna e trova la giovanissima moglie incinta, la quale gli racconta di aver ricevuto la visita di un angelo. Gli altri protagonisti sono Tito, il ladrone «buono» crocefisso con Cristo, sua madre e quella di Dimaco e il falegname che costruisce le tre croci. I personaggi, che noi tutti conosciamo avvolti da un manto di sacralità, vengono sapientemente umanizzati da De André che regala loro una nuova forma fatta di dolcezza e di sentimenti terreni. La religiosità del cantautore genovese è un argomento ancora molto dibattuto: essa, secondo le sue parole, consisteva nel sentirsi «parte di un tutto, anello di una catena che comprende tutto il creato, e quindi nel rispettare tutti gli elementi, piante e minerali compresi, perché secondo me l’equilibrio è dato proprio dal benessere diffuso in tutto ciò che ci circonda».