Danny Hate – Prison Break: un disco da evitare a tutti i costi
Prison Break
Danny Hate
Street Label Records – 2014
Ci sono cose che andrebbero proibite per legge, come la pubblicazione dell’ultimo album di Danny Hate: un disco di underground hip hop che ha tutto da invidiare ai miti americani dai quali ha preso spunto. Non sono un patito del genere ma mentirei se dicessi che ne sono proprio digiuno, quindi questa recensione è da intendersi come il parere di un «profano» che, con tutta la buona volontà, vorrebbe approcciarsi all’hip hop. La copertina, tutto sommato, è abbastanza intrigante: riesce ad invogliare all’ascolto senza essere eccessiva o troppo banale. È fatto bene anche il logo dell’artista. Purtroppo però la bellezza di questo album si ferma all’esteriorità: il contenuto non è altro che un banalissimo hip hop american style. Danny Hate poi, a parte una leggera zeppola alla Jovanotti che non è certo una colpa, non riesce ad essere convincente, mostrando di usare in modo gratuito e non efficace il lessico tipico del genere: «zoccola», «inculata» e similia sono espressioni utili per rafforzare un concetto, non per fare il «trasgressivo per forza».
VOTO
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