Death Note: tra idealismo, giustizia e sociologia
Qual è la linea che separa il bene dal male? Si può essere malvagi perseguendo l’ideale di giustizia? Death Note, celebre manga giapponese, ideato e scritto da Tsugumi Ōba, si chiede proprio questo.
La storia ha come protagonista uno studente giapponese brillante di nome Light Yagami, che trova un quaderno misterioso nel cortile della scuola, che reca la seguente istruzione: «L’umano il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà». Annoiato della propria vita e stanco della società pervasa dalla criminalità e della corruzione decide di usare il quaderno per ripulire i criminali dalla società. Verrà in seguito a fargli visita il proprietario originale del quaderno, lo shinigami Ryuk, che aveva fatto cadere il quaderno nel regno umani. La sua personalità borderline, lo porterà a ritenersi speciale, una sorta di Messia, prescelto a guidare gli umani verso un nuovo mondo, di cui lui sarà il Dio.
L’intera vicenda ruota intorno alla noia: è l’inettitudine e la noia che porta Light a decidere di usare il Death Note, ed è lo stesso motivo a indurre Ryuk a far cadere il quaderno. La noia che spinge Light a usare il quaderno si tramuta in follia nel momento in cui il protagonista si convince che attraverso il Death Note possa eliminare il male dalla società. Light si reputa migliore degli altri, superiore, un puro che ha il compito di illuminare il mondo attraverso la sua opera. Kira, così viene rinominato il misterioso assassino che uccide i criminali, riconosce che uccidere sia un crimine, ma è convinto che sia un male necessario per estirpare l’ingiustizia dalla società. Light però, non uccide solo i criminali, ma chiunque si opponga a lui e possa ostacolare il suo piano, come farà con l’agente dell’FBI Raye Pember e la fidanzata Naomi Misora, la quale indurrà attraverso il quaderno a suicidarsi dopo essere riuscita a farsi dire il proprio nome con uno stratagemma. Da quel momento Light esplicita ciò che in fondo è sempre stato, una persona approfittatrice che non esita a fare del male a un innocente se viene ostacolato.
La concezione della giustizia di Light è di origine humiana, ossia coloro che commettono un crimine danneggiano la società e quindi meritano qualsiasi pena viene inflitta loro. Ciò che non comprende Light è che adottando la cosiddetta giustizia punitiva, non solo non migliora la società, ma diventa ciò che non voleva essere, un assassino. Contrariamente da Light, Elle, il detective incaricato dall’Interpole a sconfiggere Kira crede in una giustizia che riscatta coloro che sbagliano. Elle rappresenta l’istituzione, la legalità; la giustizia per lui corrisponde ai valori di onestà, correttezza e non lesività del prossimo.
Light si ritiene un essere perfetto, si pone ad un livello superiore rispetto agli altri uomini, l’unico in grado a salvare il mondo dall’ignoranza e dalla violenza. Egli crede che gli altri siano sostanzialmente inferiori a lui, ma al contrario di Schopenhauer, che riconosce il bisogno di strappare il Velo di Maya attraverso le tre vie di redenzione, ossia l’arte, la pietà e l’ascesi, Light vuole governare con la forza gli uomini, perché li ritiene sostanzialmente inferiori.
Death Note non vuole fare altro che evidenziare, come ci ricorda la politologa Hannah Arendt, la banalità del male; alcuni regimi possono partire anche da presupposti nobili e corretti, ma rischiano di degenerare in totalitarismi quando si servono di metodi antidemocratici e agiscono al di fuori di ogni norma etica.