Debenedetti: requiem alla politica industriale
Scegliere i vincitori, salvare i perdenti
Franco Debenedetti
Marsilio editore — 2016 — 18 euro
Protezionismo, autarchia, keynesismo, programmazione, strategie, italianità: questi sono alcuni dei modi in cui lo Stato decide di interferire con l’economia. Si tratta per molti di un intervento assolutamente illegittimo: come si può governare il mercato senza correre il rischio di frenarne lo sviluppo e la crescita? Franco Debenedetti, manager «letterato e liberale» (copyright Nicola Porro, il Giornale), parte da questa presunta superiorità delle conoscenze in mano allo Stato rispetto a quelle in mano all’economia per condurre la propria personale battaglia contro un potere che tende continuamente a fuoriuscire dal proprio tracciato e dalle proprie competenze legittime. Il problema, secondo l’Autore, sta tutto nella politica industriale, in cui avviene questo deleterio scambio fra Stato e mercato nella scelta dei vincitori della gara concorrenziale. Da qui deriva il titolo del saggio: se da una parte si scelgono i vincitori, dall’altra, quando l’«insana idea» non ha successo, bisogna correre subito a salvare i perdenti. Il volume prende spunto dalla cover story dell’Economist del 5 agosto 2010: Picking winners, saving losers. Seguendo il filo rosso dell’ideologia su cui si regge e riordinando tutti i fattori su cui si basa, Debenedetti intende scrivere la lunga storia della politica industriale in Italia. Scegliere i vincitori, salvare i perdenti si basa su tre livelli di lettura: storico, politico e personale; 3 assi che inevitabilmente si incrociano nella «morale» del saggio: la politica industriale è un’«insana idea». «…Anche nelle maggiori strettezze, i danari del pubblico si trovan sempre, per impiegarli a sproposito», con questa citazione dai Promessi sposi di Alessandro Manzoni, comincia la narrazione di Debenedetti: quasi coetanei l’Autore e la politica industriale, 83 anni il primo, 86 la seconda, ma quest’ultima sopravvivrà a lui. «Presenza non intrinsecamente ostile, ma radicalmente altra rispetto al mondo in cui lavoravo», la politica industriale è sempre stata presente nella vita lavorativa di Debenedetti, fin da quando iniziò a lavorare nell’azienda di famiglia. Iniziativa privata e industria di Stato, le due «metà del cielo», che convivono a volte pacificamente a volte un po’ meno; al Debenedetti quarantenne, quando gli venne proposto di entrare in Olivetti come il fratello, era già chiaro a quale parte del cielo apparteneva. «Mano pubblica e mano privata, politica industriale e libero mercato, pianificazione centrale e iniziativa personale, statalismo e individualismo», questo è il binomio ricorrente per tutto il saggio. Un requiem per una politica che ha dimostrato negli anni tutti i suoi limiti, ma che sopravvivrà anche al prete venuto per l’estrema unzione.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia