Discussioni in rete: le tecniche di «trolling» da cui difendersi
Tutti i giorni online si leggono dibattiti su temi controversi, sensibili o ancora considerati tabù da molte persone e se un utente si sente vicino o toccato da tale tematica può intervenire attivamente nel dibattito, non limitandosi più al solo ruolo di spettatore. In particolare chiunque si esponga su temi che riguardano le discriminazioni – come sessismo, omolesbotransfobia, razzismo, abilismo, ecc. – si trova spesso a discutere con chi non condivide le stesse idee. Il dibattito è motore propositivo del pensiero, scava nella profondità delle questioni e si prefigura come un confronto produttivo per entrambe le parti, sia che si arrivi ad una conclusione comune, sia che si decida di restare sulla propria linea di pensiero, il confronto è crescita.
Il rischio però è che non sempre queste discussioni siano costruttive. Una situazione comune che accade nello specifico online è quella in cui la persona con cui parliamo non è davvero aperta a quel confronto. Questo comportamento subdolo e apparente è denominato «trolling» che nel gergo di Internet designa chi interviene all’interno di una comunità virtuale in modo provocatorio, offensivo o insensato, al solo scopo di disturbare le normali interazioni tra gli utenti e di innervosire gli interlocutori, mostrandosi falsamente interessato al dibattito. Chi attua questo tipo di tattica provocatoria e nociva è conseguentemente chiamato «troll», termine piuttosto grottesco e cupo.
Invece che argomentare e favorire lo scambio di idee, il cosiddetto «troll» spesso prende posizione in modo plateale, superficiale e deciso su una questione vissuta come sensibile e già dibattuta dagli altri membri della comunità. In altri casi egli interviene in modo apparentemente insensato o volutamente ingenuo, con lo scopo di irridere quegli utenti che, non capendone gli obiettivi, si sforzano di rispondere a tono ingenerando ulteriore discussione e senza giungere ad alcuna conclusione concreta.
Spesso lo scopo di queste persone è scatenare una reazione che allontani l’interlocutore dal proprio obiettivo o che lo faccia cadere in fallo. Uno degli espedienti di «trolling» più frequenti è chiamato «Gish gallop». Si tratta di una tecnica retorica che si concentra sul travolgere gli interlocutori con il maggior numero di argomenti possibile, senza riguardo per l’accuratezza o la veridicità delle singole obiezioni. Attraverso questa tecnica un dibattente affronta un avversario esprimendo una rapida e numerosa serie di argomenti pretestuosi, fuorvianti e non verificati (tra cui notizie false), mezze verità e distorsioni che richiedono molto tempo ed energie per essere confutati, distraendo così dal focus iniziale della discussione. La tecnica è oggi utilizzata nel contesto dei social network da molti cospirazionisti, sotto forma di lunghi elenchi di argomenti e riferimenti a fonti non verificate.
Un’altra frequente tecnica di «trolling» è chiamata «straw man», esso è il tentativo di invalidare un’argomentazione proponendo una versione distorta della stessa, che l’altra persona non ha mai sostenuto. Questa tecnica sposta il discorso sulla nuova versione errata e costringe l’interlocutore a perdere tempo per spiegare cosa in realtà intendeva in partenza, distraendosi dall’obiettivo iniziale del dibattito e rischiando di contraddirsi.
In modo pratico si immagina che in una discussione una persona sostituisca all’argomento A un nuovo argomento B, in apparenza simile. In questo modo la discussione si sposta sull’argomento B così l’argomento A non viene affrontato, ma l’argomento B è fittizio: è stato costruito espressamente per mettere in difficoltà l’interlocutore. Se l’operazione retorica riesce sembrerà che l’avversario sia riuscito a smontare l’argomento A. Tutto sta nel far sembrare che A e B coincidano anche se ciò non corrisponde a verità, B, infatti, è generalmente un argomento più debole di A e per questa ragione più facile da contestare, ma più difficile da individuare. Un esempio: A afferma «Il 95% degli autori di femminicidi sono uomini», B controbatte « Si ma non tutti gli uomini lo fanno», in questo caso A non ha mai sostenuto che tutti gli uomini fossero autori di violenza.
Un’ultima tra le più frequenti e pericolose tattiche di «trolling» è il «gaslighting», un insieme di metodi comunicativi manipolatori che portano l’altra persona a dubitare di sé stessa e della validità del proprio vissuto, un esempio può essere la frase «se ti ha fischiato dietro era per farti un complimento, non puoi sapere le sue intenzioni».
Reagire a tali istigazioni e tattiche retoriche fuorvianti non sempre è facile. Importante è individuare questi comportamenti in modo da non sentirsi inferiori o nel torto durante una conversazione, non sempre è necessario rispondere a delle persone che non hanno alcun interesse nel costruire un confronto valido e propositivo, se invece si decide di rispondere fondamentale è non perdere di vista l’argomento centrale del dibattito ed evitare di incoraggiare il «troll» a persistere nelle sue vane intenzioni.