Il divano giallo

L’evento appena accaduto presso la stazione ci aveva scosso molto e dopo quel lungo abbraccio abbiamo camminato a passo spedito verso casa di lei. Ero talmente stravolto per tutto quanto successo in quel ristretto arco temporale che non avevo la forza nemmeno di osservare in che casa Greta mi stesse ospitando. Dopo aver abbandonato le mie cose a terra, mi sono diretto verso il divano giallo, precipitando in un profondissimo sonno. Ho sempre pensato che l’attività neurale notturna abbia qualcosa di speciale e misterioso al tempo stesso. Anni dopo un professore universitario mi ha sintetizzato in una frase semplice le conclusioni della più avanzate ricerche scientifiche in materia: «Per il cervello umano un’esperienza intensamente pensata è pari ad una esperienza veramente vissuta». Per i sogni funziona esattamente in questo modo, infatti, tanto più sono lucidi e vividi tanto più le esperienze sognate lasciano un segno come le esperienze della vita di ogni giorno. Tutt’oggi ricordo il sogno che ho fatto in quella occasione. Quella volta sul divano giallo ho sognato il proseguimento dell’abbraccio con Greta. In quel palcoscenico occupato dalla paura, per il tentativo sventato di rapina, è cresciuto in me il desiderio e la voglia di gridare la meraviglia sorgente dalla consapevolezza di esserci, esserci nonostante tutto, esserci avendo corso il rischio di non esserci più. Avevo la voglia di gridare il suo nome e poi di non smettere di abbracciarla. Aveva profumi e odori così teneri e avvolgenti che per cercare di immergercimi ho abbandonato la testa sulla sua spalla. Le carezzavo una guancia ed il collo e mi domandavo come fosse possibile odiare, rubare e uccidere. Durante questo turbinio di pensieri e sensazioni non lontano da me scorreva il sangue del rapinatore caduto e mi rispondevo che nonostante la meraviglia è concepibile, reale e diffuso vivere nell’antitesi ovvero nella svogliatezza, nel menefreghismo e nella violenza. Non mi inquietavano più. Avevo soltanto un bisogno. Quell’abbraccio non era più sufficiente ad esprimere quello che nemmeno oggi ad anni di distanza riesco a descrivere con le parole. Ho cominciato baciarla e lei ricambiava. Istante dopo istante la passione ardeva e fino alla fine ci siamo lasciati andare. Mentre tanti piangevano e venivano assistiti, mentre le forze dell’ordine compivano il loro dovere, io e Greta godevamo come fossimo avvolti in un bolla importante quanto i nostri orgasmi.
Mi sono svegliato di soprassalto rendedomi conto che il sogno era più sconvolgente di quanto lo aveva preceduto e a causa di questo ho fumato la prima sigaretta. Avevo ancora con me il pacchetto di Camel rubato nel bagno della mia scuola. Al primo tiro ho cominciato a tossire come mai al punto che Greta, svegliandosi, è corsa da me con un bicchiere d’acqua e dei fazzoletti. Dopodichè mi ha preso per mano portandomi verso un balcone. La sua preoccupazione era che si svegliasse suo figlio. Non appena sono tornato in me ho proseguito con la Camel e mi sono guardato attorno. Un inaspettato cielo stellato e tanto verde sotto casa. Mi sono scusato con lei per i rumori ma in realtà la scrutavo. Era caldo ed indossava una canottierina nera e degli slip dallo stesso colore. Aveva più esperienza di me e riconosceva l’intensità di quegli sguardì. Ho avuto l’impressione che non la mettessero a disagio. Mi ha augurato la buonanotte e prima di tornarsene nella sua stanza mi ha dato un bacio a stampo sulle labbra.