Doina Matei: quando apparire felici è un reato

Doina Matei ha ucciso e dunque non ha diritto a essere felice. O meglio, non ha diritto a mostrarsi sorridente mentre prende il sole nelle poche ore in cui può permetterselo: perché è dubbio che quella che mostra sul viso sia specchio di una felicità reale.
Doina Matei ha ucciso e dunque non è giusto che possa lavorare in semilibertà dopo nove anni di carcere, quando i genitori della sua vittima hanno perso il lavoro e non hanno ancora trovato la forza di ricominciare.
084050740-3f23cb5c-fd99-49f2-ab0f-876334b13445Doina Matei ha ucciso e dunque merita l’ergastolo, o anche la pena di morte, merita di passare il resto della sua vita da sola a meditare su ciò che ha fatto.
Non conta che anche lei sia stata una vittima del tragico incidente di quel giorno di nove anni fa.
Non conta che si sia più volte detta pentita, che abbia affermato che darebbe la vita perché Vanessa non fosse morta.
Non conta che abbia ucciso involontariamente, nel corso di un banale litigio; non conta che anche Vanessa l’abbia insultata e colpita, e che avrebbe potuto essere lei la carnefice, se il caso avesse deciso altrimenti.
Invece è andata così, Vanessa è morta e Doina oggi perde la sua semilibertà per delle foto su Facebook. Doina che ha creduto ingenuamente di poter almeno sembrare una ragazza come tante; Doina che forse non ha mai conosciuto la felicità, costretta a prostituirsi per mantenere i figli avuti quando era poco più che una bambina. Non le era stato vietato l’uso del cellulare né dei social, ma il suo viso sorridente in quelle foto offende chi ancora soffre per la morte di Vanessa, e scatena la rabbia dei tanti che non sanno più provare un briciolo di empatia: è lo sciacallaggio mediatico che ha riportato Doina in carcere, non la giustizia.