L’importanza di donare gli organi
Sono necessari, secondo il Sistema Informativo Trapianti, più di 3 anni per ottenere un fegato e si ha l’1,7% di possibilità di morire prima di riceverlo; due anni per ricevere un polmone ma più di 6 persone su 100 non fanno in tempo e poco meno di 3 anni per un cuore, con una percentuale simile di mortalità in lista. Il trapianto di un organo è uno dei «miracoli» della medicina novecentesca, unico (enorme) inconveniente è il rischio del rigetto: esso è il principale oggetto di studio in questi anni. L’obiettivo è trovare delle terapie – alcune già vengono utilizzate – per diminuire il più possibile la probabilità che il corpo del ricevente rifiuti l’organo impiantato.
Chi scrive non ha né pretende di avere le conoscenze necessarie per affrontare il discorso dei trapianti da un punto di vista medico: lasciamo quindi ai professionisti del settore l’approfondimento in questo senso.
Decidere di donare i propri organi è un atto volontario importantissimo: nessuna delle più importanti religioni lo vieta (il cattolicesimo lo incoraggia) e non c’è alcun motivo razionale per opporvisi. Rimandiamo a questo link per consultare i passaggi che intercorrono fra la morte del soggetto e la eventuale donazione degli organi e per informarsi su tutti i modi per esprimere il proprio assenso.
Quando queste righe saranno pubblicate, sapremo se una persona a cui teniamo molto è riuscita a superare un trapianto bipolmonare. A lei sono arrivati gli organi e ora la sua vita dipende solo dal suo corpo e dal team di medici che la opera; ma tante persone non riescono nemmeno a provare a superare questa operazione perché muoiono prima di arrivare in vetta alle liste di attesa. Ce ne importa qualcosa dei nostri organi quando saremo morti? O forse è meglio scoprirsi donatori e fare una scelta che non ci costa nulla, ma a qualcun altro salva la vita regalandogliene una di nuova?
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