Dopo la commissione banche, Casini nel Pd
«Sono qui per parlare di economia, non di politica». Questa è la frase con cui Romano Prodi ha liquidato i giornalisti che volevano avere un suo commento sulla recente candidatura di Pier Ferdinando Casini nel PD.
Casini risulta essere inserito nelle liste del Pd del collegio di Bologna, che è frutto di una coalizione tra la lista di Emma Bonino, la lista Civica e una lista di matrice ulivista.
Questo risvolto politico ha destato stupore per l’apparente contraddizione che sembra circondare questa scelta: tutti, infatti, si ricordano come Casini provenga da un passato politico molto più vicino al centrodestra che al centrosinistra.
Secondo le malelingue, la sua discesa in campo con la sinistra potrebbe avere a che fare con la partecipazione di Casini nella commissione banche.
Secondo i più critici l’ultima relazione stilata dalla commissione sembrerebbe essere superficiale e tatticamente generica.
Casini ha rimandato al mittente tutte le critiche sostenendo che la commissione «non ha inseguito sensazionalismi, ha cercato di dare delle risposte in una situazione difficilissima», cercando di dare delle conclusioni ponderate senza volersi sostituire in alcun modo alla magistratura.
L’inchiesta si è chiusa con una relazione conclusiva che è riuscita a vedere la luce grazie alla maggioranza che ha votato la stesura in modo unanime, ovvero grazie a 19 voti favorevoli, 15 contrari e 6 assenti.
La sua approvazione però ha portato con se una pioggia di critiche che sono iniziate con la reazione di Renato Brunetta che ha esternato i propri dubbi sostenendo che la relazione è stata «approvata senza nessuna gloria”.
Le valutazioni negative sono poi culminate con i commenti al vetriolo serviti da Giorgia Meloni che ha ritenuto la commissione bancaria «utile solo a Renzi e al Pd per fare finta di volersi occupare del problema», sostenendo che «se si fosse voluto davvero arrivare alla verità, la Commissione sarebbe stata istituita molto prima con un Presidente super-partes».
La relazione stilata si pone come proposito quello di consigliare alcuni provvedimenti, in materia bancaria, al prossimo governo, esplicitando la volontà di istituire una procura idonea a risolvere qualsiasi altro reato finanziario. Questa nuova istituzione dovrebbe in primis cercare di semplificare il flusso di informazioni che intercorre tra i vari enti di vigilanza e dovrebbe istituire norme e sanzioni più stringenti per chi vìola le regole.
Un altro provvedimento che viene proposto e che sembrerebbe essere avveniristico e necessario al giorno d’oggi è la separazione tra banche commerciali e banche d’investimento: ovvero un sistema che crei una netta distinzione tra quegli istituti che si occupano solamente dei correntisti e di quelli che invece sono mirati a gestire i patrimoni di aziende e di istituzioni pubbliche o finanziarie.
In pratica dopo ben 200 ore di audizioni ciò che emerge dal riassunto finale sono molti consigli e buone idee, ma risulta essere mancante nel testo qualsiasi accenno relativo alle possibili responsabilità di Maria Elena Boschi, Consob oppure Banca d’Italia.
Lo scenario che viene dipinto alla fine di tutte le analisi risulta essere grigio e alquanto scolorito e porta con sé molti dubbi, fornendo una trama priva quanto di vinti che di vincitori.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.