Draghi: il trait d’union tra finanza e politica che ci condurrà alla fine della democrazia
Dopo anni che si invocava il suo arrivo, Mario Draghi, ex Presidente della Banca centrale europea oltre che ex Direttore Generale del Ministero del tesoro ed ex governatore della Banca d’Italia giunge alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, su spinta del centrodestra, soprattutto dell’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e del Partito Democratico.
Il suo nome viene legato alla stagione delle privatizzazioni tra il 1991 e il 2001, periodo in cui ricoprì l’incarico di Ministro del Tesoro e si occupò della dismissione dei principali asset industriali del Paese. Proprio un anno dopo, dalla sua nomina a Ministro del Tesoro partecipò ad un evento privato sul panfilo Britannia della Regina Elisabetta II, dove evidenziò l’importanza, secondo lui, di un radicale cambiamento della vita socioeconomica volta alla dismissione di asset pubblici e anche profittevoli in modo da ridurre il disavanzo pubblico. L’altro aspetto importante che sottolinea Draghi sono le conseguenze che queste privatizzazioni avrebbero avuto sui mercati finanziari, ossia un potere economico e di ricatto sugli Stati assai maggiori rispetto ad allora.
Ciò significa, in definitiva, che le privatizzazioni non erano che un modo per far regredire lo Stato sociale, distruggere l’assetto democratico impostato dai Costituenti, con cui la politica era al di sopra sia dell’economia e della finanza e infine consegnare il potere ai grandi gruppi economici che potevano finalmente, senza nessun tipo di ostacolo fare i loro interessi sulla pelle dei popoli. Durante il periodo in cui occupa la funzione Ministro del Tesoro presiede la commissione tecnica per elaborare il Testo Unico sulla finanza, che talvolta viene ridenominata Legge Draghi, finalizzata a regolare l’intermediazione finanziaria. Si tratta di un testo unico che fissa solo normative generali e lascia i dettagli tecnici ai regolamenti e all’autoregolazione dei mercati. Oltre a questo, il TUF dà mandato al Ministero del Tesoro di trasformare il sistema di gestione centralizzata dei Titoli di Stato in una struttura privatistica, partecipata dagli operatori finanziari. Nel 2002, dopo nemmeno un anno, venne nominato come membro del Comitato esecutivo del gruppo finanziario di Goldman Sachs. Un altro punto significativo per sottolineare come Mario Draghi sia il simbolo dell’osmosi fra finanza e politica, vero e proprio cancro della modernità.
Oggi, senza alcuna vergogna, uomini riconosciuti come garanti del potere economico e finanziario vengono insigniti come Presidenti del Consiglio, sotto gli occhi di un popolo, per la maggior parte completamente ignaro o rassegnato, di ciò che accade alle sue spalle. Un popolo, vittima sia dei mass media, che non sono altro che megafono della voce del padrone, che del tradimento di quei partiti che hanno assorbito il dissenso per poi continuare nella stessa rotta tracciata dalle grandi banche d’affari e dalle multinazionali. I cittadini, pur avendo delle attenuanti, sono anche vittime della propria pigrizia mentale, della propria ignoranza e del proprio disinteresse verso la cosa pubblica.
Tutti questi elementi non potranno che portare alla fine della nostra democrazia e a una trasformazione della Repubblica Italiana in quella che sarà una regione, di quelli che saranno probabilmente gli Stati Uniti d’Europa, dove i popoli sperimenteranno una feroce dittatura liberale, pagando inoltre sulla propria pelle le conseguenze sull’ambiente di un capitalismo estremo che si preoccuperà del solo profitto economico delle grandi multinazionali.