Due parole sul (sacrosanto) diritto di prostituirsi

Qualche settimana fa il gruppo WatchDogs, che ho il piacere di guidare, ha fatto un bell’approfondimento sulla tematica del sex work. Un’inchiesta che è culminata con l’intervista ad Alessandra Maiorino, senatrice 5 Stelle e prima firmataria di un ddl volto (tra le altre cose) a punire i clienti delle prostitute. In quell’intervista il team di WatchDogs aveva messo a confronto l’opinione di Maiorino con quella di Ugo Rosenberg, studioso del tema.

La realtà delle cose

Il punto è che la prostituzione e il diritto di praticarla (escludendo qualunque collegamento con la tratta di esseri umani) non sono una questione di opinioni. Essere contrari o non capire perché alcune persone scelgano volontariamente di fare questo lavoro, non cambia la realtà delle cose e non impedisce che delle donne si prostituiscano e che abbiano dei clienti.

La realtà è molto semplice: in Italia (come in ogni altro Paese del mondo) c’è chi decide di fare la prostituta e chi invece viene costretta. Quest’ultimo caso va ovviamente combattuto con grande fermezza, ma è ingenuo farlo punendo i clienti oppure arrivando dall’alto a cercare di proibire le prestazioni sessuali in cambio di denaro. Così non si fa altro che rendere la vita più difficile a questa categoria di lavoratori, che saranno costretti a fare il proprio mestiere di nascosto, anche a costo di mettere a repentaglio la propria incolumità.

La posizione politica

La prostituzione «non rappresenta affatto uno strumento di tutela e sviluppo della persona umana, ma solo una particolare forma di attività economica», si legge nel disegno di legge firmato Maiorino, «la sessualità non è che una “prestazione di servizio” per conseguire un profitto e nulla ha a che fare con la libera sessualità in quanto tale» e la prostituzione è un’«attività che degrada e svilisce l’individuo». Parole come queste sono pericolose, perché – non distinguendo tra il full service sex work per scelta e la coercizione a prostituirsi – mettono nelle mani dello Stato la facoltà di decidere che cosa è giusto o sbagliato che facciamo con il nostro corpo.

Ma queste sono posizioni politiche e filosofiche che possono soddisfare chi vuole organizzare dei dibattiti, la verità però è che le chiacchiere stanno a zero. La prostituzione è esiste e, può piacerci o meno, non si può abolire. I modelli cosiddetti «abolizionisti» non aboliscono nulla, semplicemente nascondono il fenomeno (compreso quello della tratta di esseri umani) come la polvere sotto al tappeto.

Il diritto di scegliere

L’inalienabile diritto di scegliere che cosa fare del nostro corpo comprende anche il diritto di farci del male (consapevolmente e da maggiorenni) o di farne un utilizzo che può anche non avere l’approvazione sociale. Se così non fosse, lo Stato dovrebbe anche smettere di vendere le sigarette, sulle quali guadagna cifre da capogiro. Il fatto che fumare sia legale rende ancor più paradossale questa lotta ai mulini a vento della senatrice Maiorino.

Ovviamente non voglio in alcun modo paragonare il fumo, che danneggia pesantemente il corpo umano, al fornire prestazioni sessuali a pagamento. Però se ci viene permesso di danneggiarci legalmente, perché dobbiamo trovare così tanti ostacoli quando vogliamo utilizzare il nostro corpo in un modo non conforme agli standard socialmente accettati?

Il diritto di scegliere riguarda sia chi vuole fare questo lavoro sia chi non lo vuole fare. Proprio in nome del diritto alla scelta e all’autodeterminazione condanniamo fermamente qualunque forma di costrizione. Quello della tratta degli esseri umani è un discorso su cui sarebbe assurdo avere posizioni discordanti.

Un abominio di ddl

Il ddl firmato dalla senatrice Maiorino è liberticida, paternalistico e inutile. Oltre a essere scritto decisamente male, visto che il cliente di una prostituta viene accomunato a tutti gli effetti a chi commette una violenza di genere, senza nemmeno distinguere il genere del cliente e del sex worker. Quindi una donna che va con una prostituta, e ce ne sono, potrebbe finire in un «percorso» di recupero in compagnia di un uomo che ha violentato una donna.

Sicuramente questo disegno di legge sarà utile per imbastire dei dibattiti anche interessanti (come quello che abbiamo creato noi di WatchDogs) ma nella pratica farà solo danni, costringerà le prostitute a nascondersi e a mettersi in situazioni di pericolo. Chissà che questo ddl finisca dove merita: nel cestino della carta. Perché, almeno noi, differenziamo.