Sì o No? Il duello: perché Cecilia Alfier voterà «Sì» al referendum?
Dopo mesi di incertezze e di studio, ho deciso di votare «Sì» il 4 dicembre. Eh sì, faccio la voce che stecca all’interno della Voce che Stecca! Quando lo dico in giro vengo criticata da sostenitori del «No», i quali pensano che io sia stupida o disinformata. O peggio, mi considerano una «pecora di Renzi», quasi come se la tessera del Pd dal portafoglio mi chiamasse all’obbedienza, ma non è così.
Ricordo una volta che ero a un campo di animatori del grest, eravamo tutti «bravi ragazzi» che condividevano i principi generali del grest, tranne uno, un simpatico ribelle. Ci diedero un test del tipo vero/falso sulle qualità del buon animatore. Il ribelle non lesse neanche le proposte, mise direttamente tutto falso, nonostante la palese contraddizione che questo comportava nelle risposte stesse. Questa storia stupida per dire che io sono spesso contraria alle proposte del Pd nazionale, alle politiche del segretario-premier, ma essere all’opposizione sempre e comunque non è coraggio, è stupidità, come quella del ragazzo che mette tutto falso senza leggere. A volte il coraggio sta nel dire «Sì».
I suddetti sostenitori del «No», contestatori di Renzi pensano che io non mi ricordi lo sgambetto da lui fatto ai danni di Letta, una mossa vomitevole, dopo il famoso «Stai sereno». E permetto a quest’ingannatore di cambiare 47 articoli della Costituzione? Sì, glielo permetto, eccome, perché questa riforma (che tra l’altro è passata attraverso sei letture parlamentari, sei!) è un buon passo avanti che doveva essere fatto 35 anni fa. Sei letture significa un testo talmente diverso dall’originale che difficilmente Renzi può dirsene padre. Partiamo dal fallimento di Bersani nel 2013, aveva la maggioranza alla camera ma non al Senato, da qui la sua caduta, l’elezione di Renzi a segretario del PD, il governo Letta-Berlusconi, poi Renzi-Berlusconi, poi diventato Renzi-Alfano. In altre parole il successo di Renzi è frutto (anche) del caos parlamentare dato dal dover ottenere la doppia fiducia. Se, invece, la riforma fosse stata in vigore, Bersani e Sel avrebbero avuto la maggioranza che serviva, niente Renzi premier-segretario e niente Buona Scuola (solo per citare una riforma caotica). Vogliamo parlare di come partì il governo Berlusconi 1994, il primo non tecnico della seconda Repubblica? Passò in Senato con il voto dei senatori a vita! Vi sembra normale? Se vi sembra normale votate «No». Adesso più che mai avere un governo con la fiducia solo dalla Camera è fondamentale, perché siamo in un sistema non bipolare ma tripartito e non voglio più vedere maggioranze inventate che per rappresentare tutti poi non rappresentano nessuno. E non accetto lezioni di democrazia da chi ha sentito parlare D’Alema tre minuti e mi fa la predica senza neanche aver letto il testo della riforma. Lo so anch’io che il Senato sarà eletto indirettamente dai partiti e dai consigli regionali e la cosa mi pesa come un macigno. Avrei voluto al compimento dei 25 anni eleggere i miei senatori, peccato che di fatto (dopo il referendum sulle preferenze e il già citato passaggio al sistema maggioritario) nessuno in Italia abbia indicato i senatori, men che meno col porcellum. È vero, scelgono i partiti (e i partiti sono strutturati in modo che il segretario non scelga mai da solo), tuttavia i partiti devono decidere fra gli eletti sindaci, fra gli eletti consiglieri regionali e chi li elegge? Gesù o noi? Quello che dobbiamo fare è severi controlli sulle liste in regione e sui sindaci. Vorrei aggiungere che Matteo Renzi comincia a starmi simpatico, in virtù del fatto che i suoi avversari nel complesso sono di un livello sempre più basso, lui, invece ha un’energia e un certo fascino ipnotico che non ho mai visto in un politico. Tutti questi personaggi (anche il segretario) sono frutto di una cultura superficiale e di un politica del fallimento. Sul procedimento legislativo, la maggioranza delle leggi ha richiesto in questa legislatura solo due letture, vero, ma due letture in realtà richiedono tempi biblici a causa delle procedure parlamentari. In quanto alle leggi di iniziativa di popolare ne è passata una in tutta di legislatura, quindi su cosa polemizziamo in realtà? Chi vota «No» difende il sistema che ha portato Renzi all’apice del successo, se devo dirvela tutta.
Voto «Sì» perché tutti i pericoli paventati dal «No» (tranne l’assurda deriva autoritaria) sono quelli che viviamo ora, sono stanca di un governo che abusa dei decreti, che si tiene su con maggioranze inventate e che dura un anno e mezzo (nessun governo che dura così poco riesce a fare le riforme che servono) e sono stanca che la magistratura faccia da supplente alla politica italiana.
Voto «Sì» e non mi interessa se si risparmiano 500 milioni o 50, o dieci euro, il costo delle leggi non fatte è incalcolabile.
Tirata finita e tutto senza nominare il Cnel.
Leggi l’articolo di Tito Borsa sul «No» e decidi chi ti ha convinto di più.
Impegnata tra libri e scacchi, in movimento tra Padova e Torino, sempre con una forte dose di sarcasmo.
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