Elezioni 2020, Veneto. Alfier: «La sanità al centro dell’agenda politica»
Le elezioni regionali, accorpate al Referendum Costituzionale, si avvicinano. Abbiamo intervistato Cecilia Alfier, 27 anni, ora consigliere comunale ad Albignasego e candidata nella lista del PD, che corre in Veneto nella coalizione di centrosinistra a sostegno di Arturo Lorenzoni: avranno il compito di intimorire il favorito Luca Zaia.
Cosa ti ha convinto del progetto di Lorenzoni?
Fin dal momento in cui il centrosinistra ha scelto Arturo Lorenzoni ho capito che era la scelta giusta. Il PD ha deciso di guardare oltre il suo ombelico, alla ricerca di persone «nuove». Lorenzoni è gentile, posato, lavora sodo senza cercare visibilità. Nel suo programma ho visto coraggio (come quando parla dell’agenda 2030) e un certo stile nel far politica, che mi sembrava scomparso. Poi ho molta stima dei miei compagni di lista, trovo che siano competenti e rappresentativi di quasi tutto il territorio veneto.
C’è un tema prioritario in cui, secondo il PD, serve maggior discontinuità rispetto alle politiche attuate da Zaia?
Al di là dei singoli temi, come la sanità di cui parlerò fra poco, è proprio la visione d’insieme che ci distingue. Zaia si limita a fare l’amministratore, lasciando che le cose vadano, nella convinzione che il Veneto sia naturalmente destinato a magnifiche sorti e progressive. Noi, invece, vogliamo che le forze migliori della società si uniscano e che il Veneto torni a eccellere nei settori ad alto valore aggiunto, come li chiama il professor Dalla Zuanna. Io stessa ho dovuto lasciare la nostra regione, certo l’ho fatto per amore, ma non cambia il fatto che ho ingrossato le fila di laureati che si sono trasferiti.
La Costituzione attribuisce alle Regioni la competenza sulla sanità, che in questo periodo di emergenza sanitaria è al centro dell’agenda politica anche nazionale. Cosa funziona e quali sono invece gli ambiti da migliorare in quella veneta?
L’emergenza Covid ha riportato la sanità al centro dell’agenda politica. La sanità pubblica veneta ci ha salvati dal disastro totale, in termini di vite umane. Ci sono due fronti principali su cui dobbiamo agire: uno stop alla privatizzazione avviata nel 2002, che ha portato ad aggravamenti nei ticket, centralizzazione delle ULSS, tagli agli ospedali, di fondi e posti letto; in secondo luogo bisogna accorciare le liste d’attesa. Durante il mio breve servizio come segretaria d’ospedale, ho conosciuto personalmente pazienti che aspettavano l’intervento da più d’un anno. Questa cosa è indegna di una regione civile e virtuosa.
La diffusione del virus nel grande hub per migranti, a Treviso, ha posto in evidenza le falle di questo metodo di accoglienza, come riconosciuto ormai da praticamente tutte le forze politiche. Il problema si trascina negli anni e non è di facile soluzione: cosa propone il Partito Democratico o più in generale la vostra coalizione per uscire da questa situazione?
Il mio compagno di lista Bean, di soli 28 anni, ha seguito da vicino la vicenda. Il contagio è dovuto a un assembramento di migranti come conseguenza diretta dei decreti sicurezza. I centri di seconda accoglienza, infatti, continuano a esistere, ma Salvini ha reso impossibile per i richiedenti asilo accedervi, di conseguenza si creano ammassamenti di persone nei centri di prima accoglienza e,inoltre, i controlli sanitari sono meno rigorosi dopo i decreti sicurezza. La priorità è abolirli e ripristinare il sistema dello SPRAR, cercando di raddrizzare le criticità che esso aveva. A livello regionale vanno rafforzati i progetti che riducano la marginalità sociale e va rafforzata (non tolta!) la figura del mediatore culturale.
Qual è la vostra posizione sull’autonomia, richiesta con il referendum consultivo del 2017 da una fetta importante degli abitanti del Veneto?
L’autonomia non è patrimonio della destra, noi crediamo nella realizzazione di un principio di sussidiarietà verticale, che riporti al centro gli enti locali. Dopo il referendum/ spot elettorale del 2017, è stata prodotta una bozza d’intesa che tuttavia non rispetta la Costituzione. Ci teniamo che il Veneto riprenda i suoi spazi e che venga rivista la legislazione concorrente, ma entro i limiti degli articoli 116, 118 e 119 del testo pensato dai padri costituenti. Il criterio della «spesa storica», ovvero trasferimenti di denaro in base a quanto si è speso, è anacronistico, in quanto non tiene conto della qualità degli investimenti, ma solo della quantità con conseguente spreco di denaro pubblico. Vanno invece definiti per ogni regione dei LEP, Livelli Essenziali di Prestazione, in modo che tutti gli italiani abbiano servizi minimi garantiti in tutto il territorio nazionale.
C’è un tema che sta più a cuore a te, Cecilia, in quanto candidata?
Personalmente mi interessa l’abbattimento delle barriere architettoniche e un sereno inserimento lavorativo per tutti, categorie protette oppure no. So che il momento della fine degli studi è spesso motivo di smarrimento, specialmente ora. La cosa che mi preme di più è imparare e crescere. Non so se il Consiglio Regionale abbia bisogno di me, ma sicuramente io ho bisogno del Consiglio Regionale!
Nato a Padova il 15 giugno 1994.
Diplomato in ragioneria, attualmente iscritto alla triennale di Ingegneria dell’Energia nella mia città.
Sono una persona curiosa in molti i campi, dalle nuove tecnologie, in particolare quelle che riguardano l’ambiente, alla politica, passando per lo sport.