Emilia: la vittoria di Salvini, M5S ai pitstop
Domenica ci sono state le elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria. Vorremmo occuparci solo della prima regione visto che, per diversi motivi, è un simbolo di quelle che potrebbero essere le prossime politiche.
Ignorando le frattaglie come Ncd e civiche varie, riassumiamo i risultati: PD e Sel 49%, Lega e Forza Italia 30%, Movimento 5 Stelle 13%.
Che il Pd, 45% da solo, vincesse non c’erano dubbi, sia per l’incanto Renzi sia per la particolare storia dell’Emilia Romagna. Per la cronaca, contando le astensioni, il PD ha perso qualche centinaia di migliaia di voti. Quello che invece ha stupito, a parte la scarsissima affluenza alle urne (circa 2 emiliani su 5), è stato il boom della Lega (20% da sola) e il flop del M5S. Salvini, bisogna dirlo, ha fatto un ottimo lavoro: ha pompato moltissimo il proprio candidato Alan Fabbri apparendo ovunque con felpe che inneggiavano il suo temporaneo beniamino. Ha poi fatto leva, in modo molto discutibile, sulle indiscutibili difficoltà degli emiliani e, come per magia, questi metodi hanno funzionato. È la Lega ad aver vinto queste elezioni, mentre il PD, checché ne dica Renzi, non può certo uscirne soddisfatto: si sono accaparrati una regione in più ma a che prezzo? I tantissimi astenuti non hanno importanza per il premier: l’importante è vincere, in qualunque modo. Sono discorsi inutili i nostri: sarebbe assurdo un quorum per le elezioni, come invece avviene per i referendum.
Parliamo invece di pentastellati: ribadiamo, attirandoci l’ira di Grillo (che ieri si è anche improvvisato revisionista con un assurdo articolo su Matteotti apparso su beppegrillo.it), che queste ultime elezioni sono state un flop, forse anche una naturale continuazione dell’indubbio calo avvenuto fra le politiche 2013 e le europee di sei mesi fa. Abbiamo già spiegato più volte quali sono secondo noi le cause di questa sequela di fallimenti del Movimento e non desideriamo soffermarci ulteriormente su questioni già affrontate. Vorremmo comunque spiegare che usiamo la parola fallimenti in riferimento non alla realtà dei fatti, quanto alle aspettative create dall’entourage grillino: forse Beppe e Gianroberto dovrebbero rassegnarsi al fatto che, continuando con questi metodi molto discutibili, non potranno mai diventare la prima forza politica né italiana, né europea, né emiliana. Qualcuno spieghi loro che le elezioni non sono la gara a chi la spara più grossa e che, in un momento di crisi, gli italiani preferiscono le balle alle cazzate. E sono due cose diverse.
Tito G. Borsa
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia