Emilia Romagna: approvata direttiva contro l’allevamento in gabbia

L’aumento della sensibilità naturalistica nell’opinione pubblica è ormai un fatto conclamato, a cui la politica sta cercando pian piano di adeguarsi, nonostante molte resistenze provenienti dal settore produttivo. Non si tratta soltanto di ridurre l’impatto delle attività umane sugli ecosistemi, spesso soffocante, ma anche di tutelare le forme di vita sinergiche all’esistenza umana, tra cui gli animali da allevamento.

In un Paese come l’Italia, patria d’innumerevoli eccellenze gastronomiche e famosa nel mondo per la cultura della qualità della vita, ricercare un equilibrio tra ambiente e produzione alimentare assume un’importanza ancor più fondamentale, per non dissipare l’immenso patrimonio ereditato dai nostri avi.

La Regione Emilia Romagna, la cui economia è in larga parte basata sulla produzione gastronomica tipica, ha approvato in questi giorni un atto d’indirizzo avanguardistico, allineandosi autonomamente alla proposta End the Cage Age (Stop all’era delle gabbie). Essa, dopo aver racimolato 1,4 milioni di firme tra i vari stati dell’Unione, è stata presentata alla Commissione UE lo scorso ottobre, e ha ottenuto un ampio sostegno trasversale da parte dei parlamentari nel corso di un’audizione da parte della sigla promotrice ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei).

Come suggerisce il titolo, la proposta si pone di vietare l’allevamento in gabbia, che a oggi risulta legale per vitelli, scrofe, conigli, quaglie e anatre, creando uno standard comune a tutti i Paesi europei in proposito e vietando l’importazione di carni che non rispettano tali disposizioni. Il secondo aspetto sarà sicuramente il più dibattuto in sede politica, in quanto lesivo degli affari delle lobby dell’agroalimentare. Tuttavia, il sostegno attivo di scienziati e grandi aziende lascia ben sperare, tanto quanto la disponibilità delle istituzioni UE a destinare parte del Recovery Fund al processo di transizione verso un allevamento rispettoso della vita animale, espressa apertamente dal Commissario per l’agricoltura Janusz Wojciechowski.

In attesa del pronunciamento della Commissione, tuttavia, in Emilia Romagna guardano avanti. Come detto prima, la risoluzione proposta da Europa Verde è un atto d’impegno e d’indirizzo della giunta che ancora non prevede precise tabelle di marcia, ma significativo perché approvato nel Dipartimento delle Politiche Economiche, istituzione che supera la semplice filosofia. In tale sede si dispongono la destinazione dei fondi, le autorizzazioni necessarie e la struttura monetaria dei piani urbanistici, per intenderci.

I vantaggi dell’allevamento all’aperto sono molteplici sia per gli animali sia per i consumatori. La vita in gabbia, anche solo parziale, depotenzia il sistema immunitario, rendendo necessario l’uso di antibiotici che rimangono legati alla carne dopo la macellazione. Oltre a ciò, come ci insegna la attuale pandemia, rinchiudere troppe forme di vita in spazi ristretti aumenta la proliferazione e la mutazione di virus e batteri, aumentando il rischio di zoonosi nocive. Inoltre, è scientificamente provato che il benessere fisico e psicologico dell’animale incide enormemente sulla qualità del prodotto finale, sia esso caseario o di macelleria.

Infine, alzare gli standard qualitativi dell’allevamento è un riconoscimento per i numerosi allevatori che già oggi accettano di essere penalizzati nei numeri in nome della dignità e del rispetto degli animali, nonché un passo fondamentale nell’evoluzione del sistema economico da incentrato sulla produzione a focalizzato sul benessere.